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L'ennesimo tentativo inglese di vincere, storia di una vita

Da Sheringham a Southgate passando dalla Regina Elisabetta al Britpop: storia di un amore e dell'illusione di riportare il football a casa. Auguri

21 giugno 2024
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Wembley, quello vero. ‘Gazza’ Gascoigne dalla bandierina, palla in area, lui – Teddy Sheringham – che di testa, saltando sì e no dieci centimetri, segna superando Van der Sar. È il momentaneo 2-0 dell’Inghilterra contro l’Olanda, in una partita che finirà 4-1. È ancora la fase a gironi degli Europei 1996, una delle tante volte in cui il football non è tornato a casa. È stato, senza volerlo, l’inizio della mia passione – qualcuno sostiene malattia, dicerie – per tutto quello che riguarda l’Inghilterra, Londra e il Tottenham. Squadra, all’epoca, di quel Teddy Sheringham che il 18 giugno 1996, con la sua doppietta, ha fatto partire tutto. Le prime cose che vengono in mente e arrivate nel tempo: il Tamigi da Southbank al tramonto, il Britpop con cui ho imparato l’inglese, Charles Dickens, la politica inglese, le figurine Panini della Premier league, la ‘Lea&Perrins sauce’ sopra qualsiasi cosa, il programma di cucina del sabato mattina su Itv1. Finendo con la Regina Elisabetta considerata come entità immortale nonostante le mie copie del Telegraph e del Times del 9 settembre 2022, custodite gelosamente, attestino il contrario.

No, non tornò a casa il football. Perché sì: Sheringham, il Tottenham, la Londra di Seven Sisters così diversa da Belgravia o South Kensington ma immensamente bella perché tutta, tutta Londra è bella. Grazie infinite. Ma non tornò a casa, nel 1996, perché Gareth Southgate, l’uomo chiamato quest’anno all’impresa e forse alla sua ultima manifestazione da commissario tecnico, tirò una ciabattata addosso al portiere tedesco Andreas Köpke nei rigori che hanno portato la Germania nella finale che poi vincerà contro la Repubblica Ceca.

Sbagliare un rigore ci sta, metterci del proprio a rendersi non proprio gradevole è più complicato ma anche parte del personaggio. Gareth è così. Testardo, innamorato di Bukayo Saka – gli amori altrui non si commentano, anche se... – fautore del gioco non spumeggiante ma a volte concreto, e sempre uguale. Ma soprattutto concentrato nella preghiera che Harry Kane non abbia mai neanche mezzo raffreddore. L’evoluzione che l’ha portato da completi da borghesissimo tè del pomeriggio a un maglioncino color panna con la zip, magari porterà anche altre buone notizie. Chissà. Dopo otto anni di piazzamenti, delusioni e con in dote una generazione di gran giocatori come Jude Bellingham, Phil Foden, Harry Kane – ok sì, anche Saka pure se è dell’Arsenal – sarebbe eticamente giusto vincere, finalmente.

E si materializza un’illusione pronta a schiantarsi contro un palo, una traversa, un rigore sbagliato – ancora –, il destino o chissà cosa. Dopo non aver riportato il football a casa nel 1996 e nel 2021 – in edizioni disputate in Inghilterra –, quanto sarebbe bello farlo partendo da Berlino con la resurrezione laica di Gareth.

Vabeh, ascoltiamo i Blur... “Jim stops and gets out the car, goes to a house in Emperor’s Gate. Through the door and to his room, then he puts the Tv on. Turns it off and makes some tea, says modern life is rubbish”. (Jim si ferma, scende dall’auto e va verso una casa a Emperor’s Gate. Attraversa la porta e raggiunge la sua stanza, poi accende la Tv. La spegne e prepara del tè, dicendo che la vita moderna è una schifezza).

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