Il racconto di Giacomo Minotti, giovane di Sant'Antonino volato a Bucarest (con un amico, di fede francese) per lo storico ottavo di finale
Nella bolgia dell'Arena Nationala, tra i 22'642 presenti, c'era anche lui. E il suo urlo in quel boato che ha fatto seguito alla parata di Sommer che ha messo il punto finale all'ottavo di finale tra Svizzera e Francia. «Sì, di voce ne ho ancora, anche se non troppa: dopo quella parata sono esploso!», ammette al rientro a casa, a Sant'Antonino, Giacomo Minotti. Che, a dirla tutta, è volato a Bucarest, da Zurigo, assieme a un suo amico, compagno di squadra nel Giubiasco, e con il doppio passaporto, svizzero e... francese («e che nella capitale rumena ha tifato per Mbappé e compagni»). «È stato qualcosa di grandioso; ero nell'undicesima fila, proprio nell'angolo in cui i giocatori sono venuti a esultare subito dopo il rigore decisivo, ma pochi secondi dopo mi sono ritrovato praticamente in prima fila. Ovviamente non è mancata la classica doccia di birra, ma in quei momenti è tutto relativo. È stata un'emozione incredibile. Anzi, un crescendo di emozioni per tutta la partita. Che hanno toccato forse l'apice dopo il 3-3, quando praticamente tutto lo stadio si è messo a cantare assieme ai tifosi svizzeri sbarcati a Bucarest: un momento da pelle d'oca».
A Bucarest, Giacomo Minotti ci è arrivato domenica sera, verso le 21, e già alla vigilia si respirava un clima speciale: «Per le vie del centro storico si percepiva chiaramente l'imminenza di questa partita: clima teso, con le due tifoserie che cantavano nei bar. E se non fosse stato per il coprifuoco dettato dalla pandemia (chiusura alla mezzanotte), penso proprio che si sarebbero fatte le ore piccole già lì... La cornice che ci siamo trovati davanti al nostro arrivo era qualcosa di unico: nella via principale del centro storico c'erano bar praticamente requisiti dai tifosi, da una parte i francesi, dall'altra quelli svizzeri». Emozioni che hanno fatto solo da antipasto a quelle vissute una volta varcate le porte dell'Arena Nationala: «Sebbene il match sia iniziato alle 21, per noi la partita è iniziata molto prima, attorno alle 13.30-14. Quando, sempre in quella via del centro storico, i tifosi svizzeri si sono 'impossessati' di un bar, improvvisando una festa fatta di musica, canti e quant'altro, fino a pomeriggio inoltrato, quando ci siamo diretti allo stadio. Anche i rumeni, passando, sono rimasti impressionati da quella coreografia, tanto che più d'uno si è fermato per immortalare quella scena con un video. Già lì ti venivano i brividi...». E poi la partita: «All'inizio il clima non era così caldo, ma col passare dei minuti l'ambiente si è fatto incandescente, complice il promettente inizio della Svizzera, priva di timori reverenziali. Poi, dall'1-0 in poi, il tifo è stato incessante, anche quando ci siamo ritrovati sotto di due reti, sull'1-3, nessuno ha smesso di sostenere a viva voce l'undici di Petkovic». Senza appunto perdere le speranze quando la situazione si è fatta improvvisamente in salita... «È andato tutto molto velocemente: dal rigore sbagliato da Rodriguez al sorpasso della Francia sono passati pochi minuti. A quel punto, onestamente, sembrava impossibile poter recuperare un gol, poi diventati addirittura due, ai Campioni del mondo in carica. A quel punto avevo predetto al mio amico che la partita sarebbe finita con un'altra rete francese (1-4) vista la piega che stavano prendendo le cose». Ma le cose sono invece andate ben diversamente... «Con i cambi, Petkovic ha ravvivato la manovra della Svizzera, e il ritmo è cambiato. E dopo la seconda rete di Seferovic anche i tifosi hanno iniziato a cantare a squarciagola sostenendo ancora di più la manovra della squadra».
E come è andata il viaggio di rientro con l'amico? «Beh, a fine partita era logicamente un po' abbattuto, in particolare per l'atteggiamento della Francia, forse appagata dopo aver trovato il terzo gol. Nel viaggio di ritorno, poi, non mi ha rivolto molto la parola, preferendo ascoltare un po' di musica». Ci credevi, alla vigilia di questa trasferta, a una simile impresa? «In tutta franchezza, a tutte le persone che avevo incontrato prima di partire alla volta di Bucarest ho raccontato della certezza che saremmo andati per fare il colpaccio». E così, infatti, è stato!
Per Giacomo Minotti, quella di Bucarest è stata la prima partita della Svizzera a questi Europei, ma a questo punto potrebbe esserci il bis: «A San Pietroburgo? Sono tentato, chissà... L'idea mi stuzzica, ma sto valutando la fattibilità anche di questa trasferta».