Alla vigilia delle Foglie morte – ultima corsa monumento stagionale – ripercorriamo con Oliver Zaugg l'edizione 2011, che lo vide trionfare in solitaria
Con Oliver Zaugg, ultimo svizzero a imporsi nella classica delle Foglie morte, ricordiamo i dettagli di quel suo fantastico successo, giunto ormai 13 anni fa, il 15 ottobre del 2011. «Di quella splendida giornata ho soltanto bei ricordi, ovviamente», ci racconta il 43enne con la gentilezza che lo ha sempre contraddistinto.
Ci pensi spesso a quella prestigiosissima vittoria oppure ti torna in mente soltanto quando, sul calendario, si avvicina la data del Lombardia?
Lavorando ancora oggi nell’ambito del ciclismo, posso dirti che dopo 13 anni moltissime persone dell’ambiente ancora ricordano quel mio successo, e dunque mi fanno i complimenti oppure mi chiedono qualcosa di quella gara. E così, per forza di cose, anch’io finisco per pensarci spesso.
La gara come si era svolta? Com’era andata?
Tutto girò alla perfezione, ogni cosa si risolse a mio favore. Allora correvo nella Leopard-Trek, una squadra fortissima in cui c’era un bellissimo ambiente. Nella settimana precedente al Lombardia, nelle gare che disputammo in Italia, vedevo che tutto andava bene per me, ero in grande forma, avevo ancora i benefici della Vuelta nelle gambe e non avevo pensieri, avevo la mente molto libera, un dettaglio importante. Tutto insomma, come detto, girava a mio favore e arrivai alla mattina della gara con sensazioni davvero positive.
Malgrado ciò, non partivi certo da favorito…
Esatto, del resto io ero sempre stato un gregario. Ad ogni modo, stavo così bene che, poco prima dello start, dissi al tuo collega Giancarlo Dionisio che il mio obiettivo era di finire la gara fra i primi cinque. Stavo benissimo e ci credevo davvero. In fondo, il Lombardia era sempre stato la mia gara preferita: davo regolarmente il meglio di me in estate e in autunno, sia in corsa sia in allenamento.
Gli esperti quel giorno su chi scommettevano?
I nomi erano diversi: fra i più gettonati c’erano Vincenzo Nibali, Joaquim Rodriguez, Daniel Martin e Ivan Basso.
Il tracciato com’era, quell’anno?
Si partiva da Milano e il traguardo era piazzato a Lecco. Il mio obiettivo era scattare sull’ultima salita (a Villa Vergano, ndr), che era il tratto più duro, a circa 10 km dal traguardo. Per me, quella era l’unica possibilità per poter fare qualcosa di importante. Ho tenuto quel piano in mente per tutta la gara e, grazie all’ottima gamba che avevo, me ne sono andato via di forza – raggiungendo un massimo di 22 secondi – e alla fine ho vinto in solitaria, mi pare con 8 secondi su Martin, Rodriguez, Pozzovivo e altri.
Sull’edizione di quest’anno, in programma domani, cosa puoi dire? Anche tu non vedi avversari in grado di infastidire Pogacar?
Chiaro, Tadej è il favorito numero 1. Però ci sono altri che possono sperare di vincere. Penso soprattutto al belga Remco Evenepoel.
Lo sloveno è davvero il più grande della sua epoca? O addirittura potremmo dire che è il più grande degli ultimi 30 o 40 anni?
Ogni epoca è molto diversa dalle altre, e dunque è difficile fare questo tipo di classifiche e paragoni. Vedo che Pogacar viene spesso paragonato a Eddy Merckx, ma quelli del Cannibale erano davvero tempi molto diversi. Il ciclismo di oggi è molto cambiato, è molto più tecnico e anche più tecnologico. Di certo, guardando il palmarès di Tadej, possiamo dire che è al livello dei più grandi della storia.
Vedendolo andar via da solo a 80 km dal traguardo, ai Mondiali di Zurigo, cos’hai provato?
Quando lui fa certe cose, è perché sa di potercela fare ad arrivare fino in fondo. È talmente superiore agli altri che può permettersi simili attacchi in solitaria. Vederlo all’opera è bello, perché dà spettacolo. È stata un’azione strepitosa, ha dovuto fare tutto da solo e ci è riuscito. Noi ex corridori sappiamo bene quale tipo di sforzo ha dovuto fare per conquistare il Mondiale a quel modo: davvero un numero incredibile.
Secondo te, oggi, c’è qualche corridore svizzero che potrebbe conquistare – come avete fatto tu, Rominger, Pascal Richard e Camenzind – una gara importante come il Lombardia?
Per l’ottimo periodo che sta vivendo, l’unico che potrebbe farlo sarebbe Marc Hirschi, che inserirei fra le possibili sorprese per la gara di domani. Sarà comunque difficile, anche perché – per qualche mese – sarà ancora compagno di squadra proprio di Pogacar.
A proposito, come giudichi la scelta di Hirschi di abbandonare uno squadrone come la Uae per accasarsi alla Tudor a partire dal prossimo inverno?
Credo che lui abbia ponderato molto bene questa decisione. Probabilmente voleva avere qualche possibilità in più di diventare leader di una squadra, per avere più spazio e potersi giocare le sue carte in vista dello striscione del traguardo. Ma, ovviamente, non conosco i motivi esatti del suo passaggio alla squadra elvetica. Lo vedo comunque molto sereno rispetto al cambiamento che lo attende, e dunque avrà fatto senz’altro la scelta giusta.
Il campione del mondo Tadej Pogacar intende coronare la sua strepitosa stagione con un nuovo trionfo di prestigio, e domani sulle strade lombarde sarà ovviamente il cavallo su cui tutti punteranno. Anche perché, ricordiamolo, ha già trionfato nelle ultime tre edizioni. Dovesse di nuovo affermarsi, lo sloveno eguaglierebbe l’italiano Alfredo Binda, vincitore delle Foglie morte in quattro occasioni dal 1925 al 1931. Solo un corridore ha saputo fare di meglio: il leggendario Fausto Coppi, che di Lombardia ne mise in bacheca ben cinque – di cui quattro consecutivi – fra il 1946 e il 1954.
Quest’anno Pogacar ha già stravinto il Giro d’Italia, il Tour de France, le Strade bianche, la Liegi e, di recente, la gara iridata in linea in quel di Zurigo. Lungo i 252 km di gara fra Bergamo e Como, costellati da 8 severe salite, sarà naturalmente l’uomo da battere.
«L’annata è stata perfetta», ha detto il 26enne sloveno della Uae, «tutta la squadra ha dato il massimo e tutto è andato per il verso giusto. La stagione, però, non è ancora terminata, e per la mia ultima corsa del 2024 voglio fare un buon risultato». Pogacar potrà senz’altro contare sull’aiuto di un fedele collaboratore quale Marc Hirschi: il bernese è in grande forma dallo scorso agosto, e lo sloveno certo ne approfitterà al meglio. Suo principale rivale sarà il belga Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), quest’anno laureatosi campione olimpico sia in linea sia a cronometro.
Per i colori rossocrociati, in gara ci sarà anche Jan Christen – come Hirschi al servizio di Pogacar –, ma pure Mauro Schmid (Jayco), che alla Vuelta ha mostrato ottime cose. Senza dimenticare Voisard, Balmer, Darbellay e Antoine Debons, tutti attesi alla punzonatura in quel di Bergamo.
Quattro i vincitori svizzeri sulle strade lombarde: oltre a Oliver Zaugg (2011), si tratta di Tony Rominger (’89 e ’92), Pascal Richard (’93) e Oscar Camenzind (’98).