‘In questo momento è più forte di come ero io’, ha affermato il Cannibale. ‘Siamo nell'era di Tadej’, secondo Mathieu van der Poel
«Quello che ha fatto è inimmaginabile». Sono parole di Eddy Merckx, indirizzate a Tadej Pogacar, nuovo campione del mondo sulle strade di Zurigo e sempre più indicato come il ciclista più forte di tutti i tempi. A soli 26 anni! Le parole del Cannibale testimoniano la dimensione assunta dallo sloveno, vincitore a capo di vere imprese di Tour de France, Giro d'Italia e Mondiale nello stesso anno, un'impresa ottenuta in passato da soli due ciclisti: Eddy Merckx nel 1974 e Stephen Roche nel 1987. «È ovvio che al momento è superiore a me. In fondo, lo pensavo già quando ho visto ciò che ha fatto all'ultima Grande Boucle. Dopo il Mondiale di Zurigo, di dubbi non ce ne sono più – ha dichiarato il belga sulle colonne de L'Equipe –. Io non ho mai attaccato a 100 km dall'arrivo di un Campionato del mondo. Tadej è un campione immenso, fuori dal comune, autore di qualcosa di inimmaginabile».
Fino domenica, Merckx aveva parlato di Pogacar solo in termini di eredità, ma dopo il Mondiale di Zurigo ha compiuto un ulteriore passo avanti, definendolo di fatto «superiore». Anche se, palmarès alla mano, il Cannibale può ancora contare su un vantaggio considerevole (5 Tour de France a 3, 19 Monumenti a 6, 3 Mondiali a 1). Ma la carriera di Pogacar è soltanto agli albori e, visto il modo con il quale domina gli avversari, a soli 26 anni ha davanti a sé ancora molte stagioni lungo le quali mietere successi. Il dibattito sul più grande di tutti i tempi, intavolato già da qualche stagione, dopo i trionfi di questo 2024 si è più che mai acceso. Dibattito destinato a proseguire nel tempo, anche perché, come succede per tutti gli sport, è praticamente impossibile mettere a confronto atleti di epoche distinte: troppo diverse le basi di partenza, dalla metodologia d’allenamento alle tattiche, dall'alimentazione ai mezzi tecnici, dalle strade (nel caso del ciclismo) alla preparazione fisica e mentale. Dibattito fine a sé stesso, insomma, ma che tutti amano alimentare e che ha trovato nuovo impeto già dopo la doppietta Giro-Tour, riuscita l'ultima volta a Marco Pantani nel 1998, in un'epoca però nella quale le imprese dei campioni (e del romagnolo in primis) erano sorrette da pratiche truffaldine (leggi Epo), come si era scoperto proprio all'inizio di quella Grande Boucle, con lo scoperchiamento del vaso di Pandora nel bagagliaio dell'auto del massaggiatore Festina Willy Voet. Un vaso di Pandora che in molti temono possa riaprirsi, proprio alla luce delle prestazioni fuori dal comune di Pogacar (ma anche, tra gli altri, di Jonas Vingegaard): per il momento, tuttavia, nulla lascia supporre pratiche illecite da parte di una generazione di fenomeni capeggiata proprio dallo sloveno, per cui è bene continuare a celebrare imprese fino a pochi anni fa impensabili, come quella di Zurigo.
Il 2024 potrebbe diventare un anno come non si è mai visto nel mondo del ciclismo. Pogacar, oltre a Tour, Giro e Mondiale, ha collezionato anche la Strade Bianche, la Liegi e potrebbe aggiungere un altro Monumento, vale a dire il Lombardia del 12 ottobre, gara nella quale ha già firmato l'albo d'oro delle ultime tre edizioni. «È semplicemente eccezionale, fuori dal mondo – afferma Stephen Roche –. Vince grandi giri, corse di un giorno, cronometro, tappe di montagna e anche sprint. Con lui e Merckx, sono in buona compagnia».
Fin dove potrà arrivare? I prossimi tre campionati del mondo, a Kigali in Ruanda, a Montréal in Canada e a Sallanches in Francia presentano tutti percorsi duri e selettivi, perfetti per le sue caratteristiche. Per quanto riguarda le competizioni più importanti, gliene restano da vincere tre: la Vuelta, la Milano-Sanremo e la Parigi-Roubaix ed è probabile che la Classicissima di Primavera voglia metterla nel mirino già nel 2025.
Pogacar è apprezzato dai tifosi, ma anche dai colleghi, per quella sua innata propensione ad assumersi dei rischi, anche quelli che agli altri possono apparire senza senso: «A volte vorrei sapere cosa gli passa per la testa. Partire così presto è stata una follia. E per di più da solo! Non potevo crederci», ha dichiarato domenica sera il tedesco Simon Geschke.
L'ultimo apprezzamento è di colui che più di tutti domenica ha cercato di contrastare la superiorità dello sloveno, arrivando a mettersi al collo la medaglia di bronzo: «Siamo nell'era Pogacar. Non ho idea di quanto durerà. Ma mi sembra che sia solo l'inizio», ha sentenziato Mathieu van der Poel.
Archiviati i Mondiali di Zurigo, già si pensa all'edizione 2025. A ospitarli sarà Kigali, capitale del Ruanda, per la prima edizione nel continente africano. In quello che viene definito “il paese delle mille colline”, il percorso sarà adatto agli scalatori e sulla carta presenterà l'altimetria più importante nella storia dei Mondiali con 5'475 metri di dislivello (1'000 in più rispetto a Zurigo), disseminati lungo 267,5 km. Per quanto riguarda la cronometro, il dislivello da superare sarà di 680 metri su 40,6 km. Il circuito misurerà 15,1 km e soltanto gli élite usciranno all'esterno per andare ad affrontare il Mur de Kigali, salita che comprende un tratto in pavé con una pendenza media dell'11%.
La novità regolamentare del 2025 riguarderà la categoria U23, alla quale sarà ammesso soltanto chi non avrà ancora firmato un contratto con una squadra di World Tour o di Pro Tour. Ciò significa che Jan Christen, a Zurigo bronzo a cronometro e quarto nella prova in linea, ma sotto contratto con la Uae Emirates, potrà prendere parte unicamente alle prove degli élite.