Tour de France, nel primo arrivo in salita lo sloveno attacca e lascia Vingegaard a 24”. La maglia gialla va comunque sulle spalle del danese
Battuto mercoledì sul Col de Marie Blanque, Tadej Pogacar si è subito preso la rivincita. Si è aggiudicato la sesta tappa del Tour de France, la seconda frazione pirenaica, con arrivo in quota a Cauterets-Cambasque, dopo lo scollinamento sull'Aspin e sul Tourmalet. È transitato per primo sotto lo striscione d'arrivo, ma, cosa ancor più importante, ha ridato a Jonas Vingegaard quel colpo al morale che aveva dovuto incassare il giorno prima. In cima all'ultima salita, il danese è stato costretto a cedere 24” (28” se tiene conto degli abbuoni), un ritardo che gli ha comunque consentito di andare a vestire la maglia gialla, strappandola dalle spalle di Jay Hindley. L'australiano, che sul Tourmalet ha provato a tenere il ritmo dei primi due quando il forcing di Sepp Kuss ha sbriciolato il gruppo principale, si è dovuto arrendere poco dopo e ha chiuso con ritardo pesante di 2’39”, ritardo che lo fa scivolare al terzo posto in classifica generale. Una consolazione piuttosto magra per Vingegaard, il quale sul palco delle premiazioni non ha regalato al pubblico quel sorriso che è abituale per chi indossa l’insegna del primato.
Forte del successo del giorno precedente, la Jumbo ha pianificato una corsa d'attacco, sicura che il suo capitano sarebbe stato in grado di sferrare una nuova offensiva, potenzialmente decisiva per le sorti di un Tour comunque ancora lunghissimo. Con Wout van Aert inserito nel gruppo dei fuggitivi di giornata ed encomiabile nel lavoro svolto a favore di Vingegaard nella discesa del Tourmalet fino alle prime rampe della salita finale, la Jumbo ha provato a spezzare le gambe di Pogacar, ma stavolta la tattica non ha funzionato. Al contrario, è stato proprio lo sloveno che, dopo aver retto senza difficoltà a un primo allungo del danese quando uno spossato Van Aert si è dovuto fare da parte, a 2,7 km dall'arrivo ha piazzato l'accelerazione decisiva, dopo essersi reso conto che Vingegaard non stava spingendo al massimo. Uno scatto che ha preso in contropiede il rivale, il quale non è stato in grado di chiudere. Alla fine si è dovuto difendere alla bell'e meglio nel tentativo di limitare i danni. Operazione riuscita, per quanto la tappa del Tourmalet rischia di aver sbriciolato quelle certezze costruite il giorno prima.
«Certo che ero preoccupato dopo la sconfitta di mercoledì. E chi non lo sarebbe stato? – ha commentato a fine gara il vincitore sloveno –. Jonas aveva disputato una frazione incredibile e quando sul Tourmalet ha iniziato con il suo forcing, mi sono detto che se le gambe fossero state quelle del giorno prima avrei potuto fare i bagagli e tornarmene a casa». Ma le gambe, con ogni evidenza, stavano molto meglio e gli hanno permesso di andare a cogliere il decimo successo al Tour de France.
All'uscita dai Pirenei, dunque, la maglia gialla e il peso di controllare la corsa sono sulle spalle della Jumbo. Pogacar è staccato di 25”, Hindley di 1’34”, Simon Yates di 3’14” e Rodriguez di 3’30”. La squadra del leader avrà ora a disposizione due frazioni piuttosto agevoli prima di un nuovo acuto con l'ascesa al Puy de Dôme nel Massiccio Centrale. Venerdì, la carovana tornerà in pianura con un arrivo a Bordeaux, dove il Tour non faceva più tappa dal 2010, ma che rimane, con 81 presenze, la città che dopo Parigi ha accolto con maggiore frequenza la carovana della Grande Boucle. L'ultimo arrivo ospitato aveva visto il successo di Mark Cavendish e chissà che questo non sia di buon auspicio per il britannico, sempre alla ricerca di quel 35° successo che gli permetterebbe di scavalcare Eddy Merckx nella classifica dei vincitori di tappa.