La Nazionale rossocrociata è atterrata da poco in una uggiosa Dunedin, in Nuova Zelanda. Inka Grings: ‘L’obiettivo minimo sarà il passaggio del turno’
Un’alternanza di pioggia e freddo ha accolto la Nazionale rossocrociata appena messo piede a Dunedin, in Nuova Zelanda, dove fra una settimana esatta (o quasi) scatteranno i Mondiali. La squadra oggi ha effettuato una passeggiata nei dintorni della città in modo da acclimatarsi e smaltire il jet lag. «Giacca, pantaloni lunghi e pullover – ha evidenziato la selezionatrice Inka Grings –. È autunno, perciò le temperature sono comprese fra 10 e 15 gradi. Non siamo comunque in Alaska, dove la colonnina di mercurio può indicare anche meno venti. Il clima è ideale, tralasciando l’umidità». Nata e cresciuta in Germania, la 44enne è sulla panchina rossocrociata da gennaio ma non è ancora stata capace di conquistare la sua prima vittoria. La pressione è sempre più alta. «L’intenzione è di rimanere il più possibile nella competizione: possiamo contare su esperienza e gioventù, una buona miscela. E, molto importante, tutte le ragazze sono in forma». Nel Gruppo A sono inserite Filippine, Norvegia e Nuova Zelanda. Il passaggio del turno sembra dunque l’obiettivo minimo. «Sì, naturalmente! Non bisogna discutere. A mio avviso le scandinave restano favorite perché hanno giocatrici di caratura internazionale in qualsiasi ruolo, vedi Ada Hegerberg o Caroline Graham Hansen. Le padrone di casa hanno compiuto enormi passi in avanti negli ultimi anni e giocano un bel calcio, mentre le asiatiche (il primo impegno della Svizzera, ndr) sono delle esordienti. Non hanno nulla da perdere, possono essere un ostacolo».
La selezionatrice ha partecipato in due occasioni ai Mondiali come giocatrice. «È sempre qualcosa di affascinante perché è quello che tutte desiderano: stadi pieni e l’attenzione di tutto il mondo puntata sulla manifestazione; arricchente pure scoprire differenti culture, che si incontrano e amalgamano durante il torneo». La pressione quando si rappresenta la propria madre patria è tuttavia maggiore. «Ho sempre apprezzato questa situazione, anzi, quando venivo fischiata in campo riuscivo a esprimere il meglio del mio repertorio. Era una spinta extra. Ma sono consapevole che tutta questa attenzione possa essere inibitoria. Durante la Coppa del Mondo del 2011, tenutasi proprio in Germania, molte giocatrici hanno avuto un completo blackout poiché non sono riuscite a gestire la pressione mediatica: tutti si aspettavano che vincessimo il titolo. È affascinante, ma può trasformarsi velocemente in qualcosa di negativo. Come reagirei se dovessimo incassare un gol dopo appena cinque minuti? O se mancassimo un’occasione a dieci minuti dalla conclusione? La mia esperienza permetterà di preparare la squadra a simili circostanze».
Durante l’ultima edizione degli Europei, svoltisi la scorsa estate in Inghilterra, la Nati è riuscita a mantenere a bada le ben più quotate Svezia e Paesi Bassi mancando comunque la possibilità di racimolare un risultato migliore sul finale. È stata trovata una soluzione? «Sì, ci alleniamo di più sicché credo che la condizione fisica sia determinante. Le ragazze sono incredibili, ma non serve a nulla se prima o poi la fiammella accenna a spegnersi. È stato palese in occasione degli ultimi Europei». Da febbraio la squadra ha dunque ricevuto un programma specifico da effettuare a casa «e penso che la maggioranza abbia lavorato bene. Il nostro preparatore atletico ha confrontato le statistiche prima dell’Euro e quelle attuali… posso affermare che hanno corso più chilometri. La strada imboccata è quella giusta, saremo pronte quando la competizione inizierà». Nei primi sei incontri sulla panchina elvetica Grings non è come detto ancora riuscita a cancellare lo zero dalla casellina delle vittorie, ben tre le sfide terminate a reti inviolate. Una statistica abbastanza particolare, considerando soprattutto che la 44enne era una delle migliori attaccanti del mondo. La soluzione «è di continuare a spingere in allenamento, cercando di concludere più volte in porta. Sì, posso ribadire alle giocatrici che sono brave, che devono provare e riprovare, che devono essere più coraggiose. Ma alla fine della fiera l’allenamento è l’unica soluzione tangibile in modo da acquisire maggiore confidenza. Il giusto feeling». Facile a dirsi, un po' meno a farsi. «È una questione di istinto: o ce l’hai o non ce l’hai. Se prendiamo ad esempio Alisha (Lehmann, ndr), quando è dinanzi alla porta sfiora una percentuale del 100%. Il nostro compito è di insegnare alle ragazze a crearsi queste occasioni in modo che siano in condizione di concludere a rete. Non c’è nessuna ricetta».
Nelle ultime settimane la preoccupazione maggiore è stata la condizione di Lia Wälti, il capitano, a secco di minuti da maggio quando si è infortunata alla caviglia. «Lia rimane una giocatrice molto importante per noi – ha concluso la 44enne –. È una grande leader, soprattutto in campo, e sono felice che sia tornata a disposizione: se tutto va bene, scenderà in campo già nel corso della prima sfida». La Nati domani saggerà il terreno ultracentenario del ‘Tahuna Park’ per la prima sessione di allenamento.