La selezione guidata da Murat Yakin torna dalla Spagna con qualche certezza in più, ma pure con la consapevolezza di essere sguarnita in certi ruoli
Le cifre dicono che quella colta a Saragozza sabato è soltanto la seconda vittoria del 2022 in sette gare per la nazionale di Murat Yakin, quindi a rigor di logica non ci sarebbe da stare troppo allegri. Eppure, considerato che il successo si è consumato contro una delle squadre più forti in assoluto, diventa lecito – in vista del Mondiale che scatterà fra meno di due mesi – coltivare un po’ di ottimismo. Innanzitutto si è trattato di un risultato storico: mai i rossocrociati avevano battuto la Spagna in trasferta, ed è soltanto la seconda affermazione elvetica contro le Furie rosse in venticinque partite. Inoltre prima dell’altroieri, in incontri ufficiali, gli iberici avevano perso in casa soltanto sette volte.
Archiviato l’aspetto statistico, diremo che dalla Spagna la selezione svizzera torna con la consapevolezza di poter giocarsela con chiunque, specie se l’atteggiamento è quello visto nel primo tempo, quando il rigore nell’applicare le direttive dell’allenatore è stato impeccabile da parte di tutti. Col pressing alto e sistematico mostrato nella prima fase di gara, infatti, si è impedito agli iberici, che fanno della costruzione di gioco ragionata il loro punto di forza, di imbastire qualsiasi tipo di trama, lasciando loro soltanto una sterile supremazia nel possesso di palla. Certo, il pressing così alto e così intenso è un esercizio sfiancante, e ovviamente non è immaginabile applicarlo per l’intera durata di un match, sarà dunque fondamentale prevedere strategie alternative.
A piacere, oltre alla compattezza del reparto difensivo – che è la vera forza di questa squadra – è stato soprattutto l’atteggiamento positivo mostrato da tutti gli uomini mandati in campo da Yakin: ognuno ha dato quanto era nelle proprie possibilità, sacrificandosi per la causa, incurante se ciò comportava meno possibilità di mettersi in mostra a livello personale. Esemplare in questo senso è stato Granit Xhaka, che in fase di costruzione ha potuto fare poco, ma è stato fondamentale nel dirigere la fase di interdizione: un esempio per tutti, come dev’essere un vero capitano. Ma pure Shaqiri, va detto, pare essersi adeguato di buon grado alle contingenze: l’abbiamo visto rientrare, chiudere, aiutare i compagni, e lo ha fatto senza lamentarsi. I dubbi su di lui, oggi, casomai riguardano la condizione in cui giungerà in Qatar, dato che fra pochi giorni smetterà di fatto di giocare: i suoi Chicago Fire sono fuori dai playoff ed è legittimo temere che atleticamente possa risentirne. Allenarsi (forse col Lugano) sarà fondamentale, ma si sa che solo le gare vere possono garantire la tenuta necessaria.
Se sull’applicazione mostrata in campo da questa squadra non si può eccepire nulla, non altrettanto si può fare per ciò che concerne alcune carenze croniche a livello di organico. La mancanza di una vera punta – di un autentico goleador provvisto del provvidenziale killer instinct – è un handicap che si trascina da parecchio tempo, oseremmo dire dall’addio di Alex Frei. E la recente rinuncia di Mario Gavranovic non fa che acuire la carenza: il ticinese infatti, per quanto non potesse oggettivamente garantire una certa efficienza sui 90 minuti, aveva comunque la più alta media-gol della storia della nazionale, e averlo in Qatar sarebbe stato prezioso, specie nella prospettiva di inserirlo a partita iniziata, magari in caso di tempi supplementari, dando ottimisticamente per scontato il superamento della prima fase. Altrettanto grave – o forse ancor di più – è la mancanza di alternative in difesa per ciò che attiene alla fascia sinistra, e sabato a Saragozza ne abbiamo avuto conferma. Uscito dal campo Rodriguez, che fisicamente non stava benissimo, Murat Yakin è stato costretto a sostituirlo col luganese Renato Steffen che, sì, sarà pure una specie di jolly, ma certo preferiamo vederlo giocare più vicino alla porta avversaria che alla nostra, in un ruolo che semplicemente non gli appartiene. Andare al Mondiale con una rosa incapace di offrire un piano B in ogni zona del campo è qualcosa che, alla lunga, si rischia di pagare caro.
Prima del Qatar, ad ogni modo, c’è un terzo posto nel girone di Nations League che bisogna a tutti i costi confermare, e anche in questo senso il successo corsaro di Saragozza si è rivelato provvidenziale. Ora per evitare la relegazione basterà un pareggio martedì a San Gallo contro la Repubblica Ceca, asfaltata l’altroieri dal Portogallo. La salvezza nell’élite continentale non solo garantirà per il futuro avversari in grado di riempire gli stadi portando pecunia al botteghino: terminando fra le migliori terze, infatti, si diventa testa di serie al sorteggio per il prossimo Europeo, un dettaglio non certo trascurabile.