Il campionato di Promotion League riparte forse solo in aprile. ‘Ripartire, per dare un segnale, per la condizione e per il morale’
Regna sovrana l’incertezza, e non poteva che essere così. Al pari di molte manifestazioni sportive e di quasi tutti i tornei al palo da tempo, anche il campionato di Promotion League si interroga circa il proprio futuro. Tutte le domande che possono legittimamente essere rivolte ai responsabili della Prima Lega in seno all’Asf si scontrano però con i dubbi e le incertezze legati alla situazione sanitaria del paese, tutto fuorché delineata in modo chiaro. Ne consegue, per dirla pensando al Ticino, che l’Ac Bellinzona non sa se né quando tornerà a giocare. O meglio, che torni a giocare è un’ipotesi non così campata in aria, al netto di una situazione in piena evoluzione che al momento non promette granché bene. Sui tempi di un’eventuale ripresa, per contro, è difficile esprimersi. Anche se l’Asf un tentativo di fornire una risposta lo ha fatto, ieri, comunicando ai club affiliati alla Prima Lega (classica e, appunto, Promotion League) che difficilmente ci si può prefigurare una ripresa prima del mese di aprile. Piuttosto in là, quindi. Inoltre, giusto in tempo per permettere quantomeno l’omologazione di un campionato che per essere considerato valido deve vedere la disputa di almeno la metà delle partite in calendario: mancano quindi almeno cinque giornate, per buona pace dell’Yverdon capolista già beffato la scorsa stagione (avrebbe vinto a mani basse) e che quest’anno ambisce a una promozione per la quale ha investito tantissimo.
«La nostra squadra - precisa Paolo Righetti, presidente dell’Ac Bellinzona, ha cercato di proseguire con gli allenamenti il più a lungo possibile quindi fino a inizio dicembre, con sedute in piccoli gruppi, distanziamento, protocolli, eccetera. D’accordo con Davide Morandi (il tecnico dei granata, ndr), invece di riprendere il lavoro in questi giorni, abbiamo rinviato tutto alla prossima settimana, proprio in virtù del fatto che eravamo in attesa di una comunicazione con la quale si paventa l’inizio del campionato non prima di aprile. Vogliamo capire cosa uscirà dall’assemblea di sabato di tutti i presidenti della Prima Lega collegati in videoconferenza. Indipendentemente da quanto scaturirà dall’assemblea, però, è nostra intenzione ricominciare a fare qualcosa sul campo, nel pieno rispetto delle norme e dei protocolli. Tenersi in forma non guasta, anche se l’inizio del campionato non sembra essere prossimo. Inoltre, ripartire può servire a noi del comitato e allo staff tecnico per capire quale sarà il volto dell’Ac Bellinzona nella stagione 2021/22, la cui definizione deve già essere una priorità, a questo punto della stagione, e con questo campionato sul quale pendono tutti questi interrogativi».
Righetti solleva poi una questione piuttosto delicata, che riguarda lo statuto delle compagini Under 21, le quali sono assoggettate al calcio professionistico e quindi sono libere di muoversi piuttosto liberamente, per quanto attiene allenamenti e incontri amichevoli. «Ci auguriamo vivamente che si trovi presto una soluzione univoca - spiega il dirigente granata - ma intanto assistiamo a quella che ritengo essere una questione che mina la regolarità del campionato: le Under 21 possono allenarsi in maniera tradizionale. Noi nel girone ne abbiamo tre, Sion Zurigo e Basilea. Se penso a tutte le squadre di Prima Lega, sono moltissimi i giovani in età Under 21 tesserati per queste compagini che al momento non possono allenarsi come invece fanno i loro coetanei delle U21 che fanno riferimento a una prima squadra di professionisti. Non lo trovo corretto. Da queste incongruenza risulta che c’è un problema di fondo relativo alla gestione stessa della Prima Lega. Sono cose che andavano analizzate e valutate meglio. Anche a livello sportivo ci sono delle implicazioni piuttosto rilevanti: come possiamo, noi che siamo costretti a lavorare in piccoli gruppi e con tante limitazioni, pretendere di essere allo stesso livello di preparazione di un’avversaria che ha potuto allenarsi regolarmente per settimane e disputare dei test amichevoli ? Ne va della regolarità del campionato, da un punto di vista sportivo non è assolutamente corretto».
Nel documento inviato ai club dall’Asf si fa anche - giustamente - menzione al pericolo nel quale rischiano di incorrere, in un periodo così particolare, giocatori e addetti ai lavori, magari delusi e scoraggiati e intenzionati a lasciare il calcio e i rispettivi club. Per scongiurare questa eventualità, l’Asf preannuncia il lancio di una campagna “con l‘intento - citiamo - di aiutare a mantenere accesa la passione e il fuoco di tutti per il calcio”.
Verosimilmente i club ne sapranno di più sabato, nel corso dell’assemblea. Intanto però Paolo Righetti e l’Acb hanno già fatto proprie queste preoccupazioni. «Ci auguriamo che qualcosa venga effettivamente fatto, perché il rischio che paventano è concreto. Ci sono sicuramente dei ragazzi in perdita di motivazione. Sappiamo benissimo che quando ci si abitua a un certo stile di vita, poi è difficile riadattarsi. Vale per tutti, giocatori e addetti ai lavori. È anche per questo motivo che, seppur a piccole dosi, vogliamo fare sentire ai nostri ragazzi la presenza della società che li rappresenta, la sua vicinanza, nonché il profumo del calcio che viene dal campo, dalla condivisione, seppur con le dovute distanze. L'obiettivo è non perdere di vista completamente la componente sociale di un’attività come la nostra e fare di tutto per non agevolare la disaffezione totale della gente. È un rischio che si sta correndo un po’ tutto il mondo, purtroppo. Per quello che è diventato adesso, e parlo anche da fruitore di partite di livello alla televisione, il calcio non è più stimolante».