Fresco di promozione in Challenge League con lo Stade Losanna, l'ex giocatore di Bellinzona, Lugano e Chiasso confessa di aver trovato un suo equilibrio
Una promozione, Michael Perrier non l’aveva ancora vissuta. C’era andato molto, molto vicino in due occasioni con il Lugano, l’ha finalmente centrata con lo Stade Losanna/Ouchy, compagine dominatrice del campionato di Promotion League che ha raggiunto a gennaio e nella quale ha trovato un equilibrio non solo in mezzo al campo. A certificarne il balzo di categoria, il 2-1 inflitto sabato al Breitenrain e la licenza per la Challenge ottenuta lunedì (con l’obbligo però di giocare le partite casalinghe a Nyon). Una promozione, Michael Perrier non l’aveva ancora vissuta. C’era andato molto, molto vicino in due occasioni con il Lugano, l’ha finalmente centrata con lo Stade Losanna/Ouchy, compagine dominatrice del campionato di Promotion League che ha raggiunto a gennaio e nella quale ha trovato un equilibrio non solo in mezzo al campo. A certificarne il balzo di categoria, il 2-1 inflitto sabato al Breitenrain e la licenza per la Challenge ottenuta lunedì (con l’obbligo però di giocare le partite casalinghe a Nyon).
«Ammetto che abbiamo festeggiato già sabato appena dopo la partita, dopotutto noi come squadra dovevamo conquistarci la promozione sul campo ed è successo nel momento in cui l’arbitro ha fischiato la fine – afferma il centrocampista ticinese –. Poi certo, c’era ancora la questione licenza, ma anche da quel punto di vista eravamo fiduciosi e infatti lunedì è arrivata la conferma. Così abbiamo potuto esultare due volte, in fondo ogni scusa è buona per fare festa».
Una festa come detto che l’ex giocatore di Team Ticino, Lugano, Chiasso, Bellinzona, Sion e Aarau aveva già sfiorato in più occasioni con i bianconeri, quando oltretutto sarebbe stata per la promozione nella massima serie... «Ci andai molto vicino con il Lugano, nel 2009 quando perdemmo il doppio spareggio con il Lucerna (vittoria 1-0 all’andata a Cornaredo, sconfitta senza attenuanti 5-0 nel ritorno all’Allmend, ndr) e soprattutto l’anno seguente, quando dopo esserci fatti del male da soli gettando al vento il primo posto (4 punti di margine sul Thun scialacquati nelle ultime due giornate, nello scontro diretto perso nel canton Berna e nel clamoroso pareggio casalingo con il Vaduz, ndr), i nostri sogni si infransero nella sfida con l’Acb. Ricordo ancora tutto come se fosse oggi: perdemmo 2-1 all’andata a Bellinzona e nel ritorno davanti al nostro pubblico non andammo oltre lo 0-0, con la clamorosa traversa colpita da Doudin al 96’ che ci negò la promozione. Sono momenti che rimangono impressi nella testa, non si possono cancellare e di sicuro non può farlo questo traguardo centrato con lo Stade, anche se ammetto che me lo sto proprio godendo. Anche questo finirà nell’album dei ricordi, ma nel capitolo di quelli belli, subito dopo la conquista della Coppa Svizzera 2015 con il Sion».
Sbarcato sulle rive del Lemano a gennaio dopo tre stagioni e mezza da protagonista ad Aarau, il 30enne di origine vallesana ammette di aver avuto «la fortuna di arrivare nel posto giusto al momento giusto, anche se in realtà la mia è stata una scelta precisa. Ero conscio di fare un passo indietro ma per poi farne immediatamente uno avanti, posto anche che a gennaio la squadra aveva già undici punti di vantaggio sul primo inseguitore e che quindi le chance di raggiungere l’obiettivo erano molto alte. Certo, nel calcio non si sa mai come insegna anche quello che successe al Lugano l’anno seguente al mio addio (altro finale di stagione da incubo con 6 lunghezze di vantaggio sulla seconda in classifica e addirittura 14 sulla terza non sfruttate), ma il rischio era minimo. E in ogni caso ad Aarau per diversi motivi non c’erano più i presupposti per andare avanti».
Questo soprattutto perché negli ultimi tempi le priorità, o per usare parole sue i «piani» di Perrier sono cambiati... «Ormai ho 30 anni ed è già da un po’ che penso al post-carriera. Quando ho informato la società argoviese della mia intenzione di riprendere gli studi in fisioterapia, l’atteggiamento dei dirigenti nei miei confronti è cambiato e appena altre compagini hanno mostrato interesse nei miei confronti, mi hanno fatto capire che avrei potuto parlarci in quanto non rientravo più nei loro piani. E questo nonostante l’allenatore (Patrick Rahmen, ndr) fosse contento di me, perché sapeva di poter contare su un giocatore che se anche non giocava sempre, lavorava al cento per la squadra. Per questo e anche per i compagni, con i quali mi trovavo molto bene, quella di partire è stata una decisione sofferta, ma della quale rimango convinto, perché presa per il mio futuro».
Un futuro del quale il calcio farà ancora parte, ma in maniera meno preponderante... «Ho ancora tanta voglia di giocare e mi piacerebbe dimostrare che anche praticando calcio a un buon livello, è possibile portare avanti una buona formazione. Quasi un anno fa mi sono sposato e non nascondo che l’argomento bambini (al momento non ne ha, ndr) sia molto attuale. Anche per questo come detto ho voluto riprendere la fisioterapia, che a differenza di altri compiti svolti in passato à côté dell’attività sportiva (ad esempio contabilità e studi in economia) mi dà molte soddisfazioni. In questo senso lo Stade era la soluzione ideale, qui ho trovato un equilibrio e spero di poter continuare così anche nella prossima stagione nonostante la categoria superiore. Ne parlerò con la società, anche perché il nostro accordo scade a giugno, ma se non dovesse andare bene non sarà una tragedia, troverò un’altra soluzione che mi permetta di tenere un occhio sul campo e uno fuori, sul mio futuro».
Non si può certo dire che le emozioni siano mancate a Michael Perrier nei quattro mesi passati allo Stade Losanna. Prima il rischio di fallimento dopo l’allontanamento del presidente nonché finanziatore Resul Sahingöz, poi il clamoroso salvataggio del club per mano di Vartan Sirmakes, numero uno dello Stade Nyonnais, rivale diretto dello stade nella corsa alla promozione.
«Effettivamente penso che non sia una situazione molto comune nel calcio e inizialmente ci ha un po’ spiazzato, però poi devo dire che come squadra abbiamo reagito alla grande, rimanendo concentrati sul lavoro da fare sul campo e continuando a vincere e a raccogliere punti (sei vittorie, due pareggi e una sconfitta nelle nove partite disputate dopo la pausa invernale, ndr). Mi ha fatto tornare alla mente quanto vissuto a Bellinzona nella stagione 2012/2013 (i granata, secondi alle spalle dell’Aarau in Challenge League, furono retrocessi d’ufficio in Prima Lega per i problemi finanziari che nell’autunno seguente portarono al fallimento, ndr): man mano che capivamo che a livello societario le cose andavano sempre peggio, diventava più difficile rimanere concentrati sull’aspetto sportivo e costanti nel rendimento. Ammetto di aver avuto un po’ di paura di rivivere la stessa situazione, ma così non è stato anche grazie all’intervento del presidente del Nyon».