Migliaia di persone hanno dato l'addio ad Astori, il capitano della Fiorentina morto improvvisamente domenica
Piazza Santa Croce a Firenze è viola. Di bandiere sventolanti. Di sciarpe tese sopra le teste. Di fiori. Di lacrime. Soprattutto di lacrime. Piazza Santa Croce a Firenze è la Curva Fiesole dell’Artemio Franchi e al contempo è la curva di tutti gli stadi d’Italia e forse non solo. Almeno diecimila, scrivono i media, le persone accorse per l’ultimo saluto a Davide Astori, morto nel sonno domenica notte in un albergo di Udine, dov’era in ritiro con la Fiorentina. In quindicimila erano arrivati a rendere omaggio al 31enne di San Pellegrino Terme nella camera ardente allestita nella palestra del centro tecnico di Coverciano.
Un fiume di gente ieri, un mare oggi, per quel ‘ragazzo’ che i meno calciofili forse nemmeno avevano mai sentito; così poco personaggio in un mondo, quello del pallone, sempre più votato alle star dai mille capricci e meno agli uomini.
“Un capitano, c’è solo un capitano!” s’alza a gran voce all’uscita del feretro dalla Basilica di Santa Croce. È un coro da brividi, cantato, urlato, pianto. E stavolta i fumogeni, viola pure quelli, non sono un urlo di guerra calcistica, bensì un grido di dolore e tristezza. La morte di Davide Astori, improvvisa e assurda come può essere una vita spezzata a 31 anni, ha sconvolto non solamente la società viola e Firenze, città da cui s’era fatto adottare senza fatica. Da domenica è tutto un Paese a essere sotto choc. Perché Astori era sì il capitano della Fiorentina; ma sotto la maglia numero 13 c’era un uomo capace di rimanere Davide. Quel “Davide, Davide, Davide !” che s’eleva dal mare in Piazza Santa Croce. È per Davide, che al funerale sono venuti autorità politiche, rappresentanti di squadre e del mondo del calcio in generale. «Il tuo nome significa ‘amato’ – dice, molto commosso, il compagno di squadra Milan Badelj che ha voluto parlare a nome di tutta la famiglia viola, così l’ha chiamata –. Sei semplice, diretto, non sei come tutti gli altri. Ci hai indicato la strada col tuo cuore. Hai parlato con la lingua universale, quella del cuore. I tuoi genitori non hanno sbagliato nulla, con te: sei il figlio e il fratello che tutti vorrebbero avere. Il miglior compagno di squadra. Sei il calcio pure dei bambini. Tua figlia, crescendo, dovrà sapere chi è suo padre: un uomo con la ‘U’ maiuscola». In lacrime, Badelj racconta che «al mattino, quando arrivavi nella stanza del fisioterapista, eri sempre tu ad accendere la luce. Tu questo sei per noi: la luce».
La luce, ma anche una spalla dopo un allenamento estenuante, colui che arriva in mensa e riscalda l’ambiente col proprio sorriso, quello che sgrida i giovani e responsabilizza i più esperti. Astori il capitano in campo. “E poi – ha scritto su Instagram l’altro compagno di squadra Riccardo Saponara – ci sono i Davide, che ti entrano immediatamente dentro con un semplice ‘Benvenuto a Firenze Ricky’”.
“Un capitano, c’è solo un capitano!”, canta ancora il mare di Firenze.