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Tagovailoa, il calvario di un quarterback di cristallo

Il numero 1 di Miami ha subito 13 infortuni negli ultimi sei anni, tra cui almeno tre commozioni cerebrali che ne mettono a repentaglio la carriera

Il placcaggio di Hamlin alla base dell’ultima commozione cerebrale
18 settembre 2024
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Tredici infortuni più o meno seri tra il 2018 e il 2024 a spalla, costole, mano, bacino, ginocchio, coscia ed entrambe le caviglie. Ma a preoccupare maggiormente sono le tre commozioni cerebrali dal 2022 a oggi, alle quali ne va aggiunta una quarta, non rilevata dai medici e tuttavia probabile. Quando si parla di “injury prone”, giocatori soggetti a sistematici infortuni, il primo nome che balza alla mente è proprio quello di Tua Tagovailoa. Da quando Miami lo ha scelto quale numero cinque assoluto nel dratf 2020, il quarterback di origini samoane ha subito sette infortuni (gli altri, compreso quello devastante al bacino, ai tempi della carriera Ncaa con gli Alabama Crimson Tide), a causa dei quali ha dovuto saltare 10 partite. Un numero però destinato a lievitare e di parecchio dopo l’ultimo k.o., quello che da giovedì sera sta facendo discutere tutto il mondo Nfl e che rischia di tenere il 26enne in panchina ben più di un mese. Tagovailoa, infatti, è rimasto vittima dell’ennesima commozione cerebrale, a seguito della quale ha dovuto abbandonare in anticipo la sfida tra Miami e Buffalo (per altro dominata dai Bills), quando sul finire del terzo quarto ha affrontato di testa un placcaggio nel tentativo di conquistare un primo down. Ironia della sorte, a frapporsi come un muro tra il 26enne hawaiano e la endzone di Buffalo è stato il safety Damar Hamlin, lo stesso che a Cincinnati nel 2022 aveva subito un arresto cardiaco in campo ed era stato salvato in extremis dall’intervento di sanitari e medici. Il placcaggio di Hamlin, a onor del vero, non è stato nulla di particolare, il che la dice lunga sulla fragilità del numero 1 dei Dolphins. Tra l’altro, tre infortuni (due commozioni e la frattura alle costole) sono stati provocati dalla difesa di Buffalo, a testimonianza di come Miami soffra, mentalmente e fisicamente, il confronto con i rivali di division, vincitori di 12 delle ultime 13 sfide dirette.

Nel 2022, dopo due (forse tre) commozioni cerebrali in pochi mesi, Tua aveva preso in considerazione la possibilità di un ritiro anticipato dalla Nfl, esattamente ciò che molti suoi colleghi ed ex colleghi gli stanno in questi giorni consigliando. In settimana, Tua avrà un consulto con un’équipe di neurologi per provare a capire quale può essere il suo futuro professionale, tuttavia dalle ultime indiscrezioni sembra abbia già scartato l’ipotesi di appendere il casco al chiodo. E questo, nonostante oltre 15 anni fa il dottor Bennet Omalu abbia scientificamente stabilito la correlazione tra i colpi alla testa e l’insorgere della Cte (encefalopatia traumatica cronica) e della demenza senile.

La decisione (se verrà confermata) di proseguire la carriera è legata, con ogni evidenza, anche a risvolti contrattuali ed economici. Tua e Miami hanno sottoscritto nel mese di agosto un nuovo contratto di 212,4 milioni di dollari sull’arco dei prossimi quattro anni, 167,171 dei quali garantiti. A questi livelli i contratti assomigliano a tomi della Divina Commedia, pieni di clausole, postille, eccezioni di vario tipo e mille cifre, tanto che per un profano capirci qualcosa è impresa titanica. Tuttavia, è chiara la differenza tra un ritiro volontario e un ritiro indotto. Se i medici non dovessero più concedere il via libera per un ritorno in campo, Tua intascherebbe i 167 milioni garantiti (una quarantina dei quali già versati per il 2024); per contro, se i medici lo ritenessero abile al lavoro e lui decidesse comunque di appendere il casco al chiodo, dovrebbe rinunciare a gran parte dei 124 milioni ancora in ballo. E anche per Miami si tratta di un brutto colpo, perché per i giochi del salary cap, nei prossimi anni la franchigia della Florida rischia di vedere drasticamente limitata la sua disponibilità finanziaria, senza contare che nella primavera 2025 dovrà per forza draftare quello che spera possa essere il suo quarterback del futuro. E quelli davvero in grado di influenzare le sorti di una franchigia sono più rari di una perla in un’ostrica.

New Orleans fa sul serio?

Fortunatamente, venendo al football giocato, la seconda giornata ha detto anche altro. Ad esempio, che New Orleans continua a sorprendere e se l’ampia vittoria in week 1 (47-10) sembrava frutto della pochezza dell’avversario (Carolina), il 44-19 con il quale ha strapazzato in trasferta Dallas (4 touchdown di Alvin Kamara e una difesa punitiva come ai bei tempi) rappresenta uno squillo di tromba che richiama attenzione. Novantun punti in due giornate è davvero tanta roba. Se la prova la fanno tre indizi, domenica quando nella Big Easy arriverà Philadelphia, capiremo se questi Saints meritano reale attenzione.

Green Bay riscrive la storia

Vittoria storica quella conseguita da Green Bay contro Indianapolis. Al Lambeau Field, i gialloverdi si sono imposti 16-10 (senza il quarterback titolare Jordan Love, infortunato), ma l’eccezionalità del successo non sta nel risultato, bensì nel fatto che questa vittoria è la numero 800 (a fronte di 599 sconfitte e 38 pareggi) per una franchigia attiva da 104 anni, vale a dire dalla nascita della Nfl. Una pietra miliare che nessun’altra squadra ha raggiunto: gli attuali Chicago Bears (un secolo fa si chiamavano Decatur Staleys) sono fermi a 794 vittorie, 634 sconfitte e 42 pareggi.

Lo abbiamo scritto più di una volta: la Nfl è bella perché da un anno all’altro non esistono partite scontate. E il 2024 sembra non volersi scostare dalla tradizione. Passi per il k.o. inaugurale a Kansas City, ma chi l’avrebbe detto che Baltimore sarebbe caduta in casa contro Las Vegas (i Ravens non hanno mai raggiunto i playoff partendo dallo 0-2)? O che Tampa Bay sarebbe andata a Detroit a sconfiggere i Lions (nonostante i tre sack in un solo quarto del “ticinese” Aidan Hutchinson)? O che Cincinnati, dopo la sconfitta sul filo di lana a Kansas City si ritrovasse senza vittorie? O ancora, che San Francisco, dopo la prova di forza con i Jets, sarebbe caduta contro Minnesota, nella quale spiccano le prestazioni del quarterback Sam Darnold, titolarizzato a seguito dell’infortunio del rookie J.J. McCarthy e improvvisamente capace di mostrare il suo valore dopo anni di anonimato? La stagione è appena iniziata, ma le sorprese stanno già fioccando. Una manna per lo spettacolo.