Non fosse morto cinquantacinquenne a causa di vizi ed eccessi, il più grande saltatore con gli sci della storia avrebbe compiuto oggi sessant’anni
L’ultima condanna, la quarta di una fedina penale non certo banale, Matti Ensio Nykänen l’aveva subita nell’estate del 2010, quando aveva quarantasette anni. Si era preso sedici mesi di detenzione perché, la sera di Natale, con un coltello aveva provocato alla moglie alcune ferite di una certa gravità.
Il giudice, pur dispiaciuto per la triste e tragica parabola imboccata dall’imputato, non aveva potuto fare altro che spedirlo di nuovo in galera. L’aula era affollatissima, soprattutto da giornalisti e curiosi: il reprobo infatti non era una persona qualunque, ma un autentico eroe nazionale, un ex atleta che a lungo aveva dominato l’attività ricreativa più popolare del Paese, cioè il salto con gli sci.
In Finlandia, infatti, la gente da sempre impazzisce per quella disciplina così aliena per noi latini, più vicina al circo che allo sport, inventata da una mente manifestamente perversa e praticata da funamboli ancor più folli. Una pazzia che, in gran parte dei casi, resta confinata nell’ambito agonistico. Matti (nomen omen) Nykänen, però, della maggioranza non ha mai fatto parte: cane sciolto, anima in pena e carattere più che fumantino, è sempre stato unico e inimitabile in ogni cosa scegliesse di fare.
Fra le maggiori qualità richieste ai saltatori con gli sci c’è senz’altro la capacità di cadere sempre in piedi, eppure a lui – il più grande interprete nella storia della disciplina in questione – codesto talento ha sempre fatto difetto. Non tanto quando gareggiava, visti gli straordinari risultati ottenuti, quanto una volta sceso dal trampolino, stando agli innumerevoli capitomboli in cui è incappato nel corso di una vita intensa, istoriata di eccessi e conclusasi decisamente troppo presto.
Rivelatosi al mondo dello sci nordico vincendo il Mondiale juniores a soli diciassette anni, fu immediatamente convocato nella squadra maggiore finlandese: chiuse al sesto posto la prima gara élite, al secondo rango la seconda, e trionfò già al terzo tentativo.
Appena maggiorenne chiuse in bacheca un oro e un bronzo iridati, a diciannove anni incise il proprio nome su Coppa del mondo e Torneo dei quattro trampolini, e a venti si mise al collo un oro e un argento ai Giochi di Sarajevo.
Si tratta soltanto dei primi passi di un enfant prodige che per alcuni anni dominerà quel mondo e che, a fine carriera, sarà incoronato come uno degli atleti dal palmarès più ricco: quarantasei successi in Coppa del mondo, quattro Coppe di cristallo, quattordici medaglie iridate, cinque olimpiche, un paio di edizioni dei Quattro trampolini e svariate misure da record.
Impostosi alla ribalta giovanissimo, Nykänen era ancora un ragazzo anche il giorno in cui, nel 1991, decise di far calare il sipario sulla sua vita di atleta: aveva infatti soltanto ventisette anni, ed era già da un paio di stagioni che non riusciva più a vincere.
Colpa soprattutto dell’alcol, che alle maggiori latitudini dell’emisfero boreale è piaga sociale e che, dopo averlo irretito, l’aveva aiutato pure a dissipare un patrimonio multimilionario: in Finlandia, come detto, il salto con gli sci è una sorta di religione, e gli sponsor certo non esitano a coprire di denaro i migliori interpreti di quell’arte.
Ormai preda del demone della vodka e senza più un quattrino, ma comunque popolare in patria come un eroe del Kalevala – il poema epico fondatore del popolo finnico – Matti il folle pensò bene di darsi al pop-rock.
Benché secondo gli esperti privo di voce e dei minimi rudimenti nel campo delle sette note, inciderà tre album, il primo dei quali – grazie alla sua fama pregressa – venderà così tanto da fruttargli un disco d’oro e la pecunia necessaria per tirare avanti fino alla seguente bancarotta, che non tarderà ad arrivare.
A dargli una mano accorre qualche amico, che in cambio pretende però dal campione un coinvolgimento nella vita politica. L’esperienza si rivelerà fallimentare, anche perché – annoiato dalle chiacchiere e poco incline al compromesso – finirà per addormentarsi farcito d’acquavite sui banchi del Consiglio comunale di Uurainen, borgo di tremila anime scarse della Finlandia centrale, nel mezzo della Regione dei Laghi.
Di nuovo ritrovatosi sul lastrico, l’ex campione non esita a riciclarsi addirittura come spogliarellista presso il casinò di un’importante stazione turistica. Questa fase durerà però poco: i clienti, incuriositi dalla presenza sul palco dell’idolo delle folle, finiscono per trascurare slot-machine e tavoli verdi, e così il padrone è costretto a licenziare la sua più celebre – ma assai poco redditizia – attrazione.
Il personaggio, ad ogni modo, per quanto ormai intrappolato in un vortice che non lascia presagire nulla di positivo, è sempre sulla cresta dell’onda, e dunque a Nykänen vengono offerte altre ghiotte chance per rimettersi in carreggiata, sul piano personale come su quello finanziario.
Nel 2003 un editore tedesco gli fa i ponti d’oro in cambio della firma sulla sua autobiografia, intitolata non a caso ‘Saluti dall’inferno’, mentre tre anni più tardi uscì un film sulla sua vita – durante e dopo la fase sportiva – capace di richiamare nelle sale addirittura un decimo dell’intera popolazione finnica.
Tornato per un breve periodo a saltare dal trampolino nelle gare riservate ai veterani, che ovviamente vince a mani basse, Matti approda com’era prevedibile anche al piccolo schermo, che proprio in quegli anni (siamo nel 2009) è in cerca di volti noti a cui affidare la conduzione di programmi di cucina, ormai irrinunciabili per ogni network che si rispetti.
Seguiranno stagioni di grande successo popolare, proprio come ai bei tempi delle competizioni, ma saranno pure anni costellati – oltre che da bevute sempre più colossali – dalla caduta nella depressione, dallo stillicidio dei quattro matrimoni falliti, e soprattutto da svariati crimini e relative condanne.
Alla sbarra Nykänen finirà una prima volta nell’estate del 2004, accusato di tentato omicidio per aver accoltellato un amico nel corso di una rissa fra ubriachi: gli appiopperanno due anni e due mesi, ma essendo fin lì incensurato sconterà soltanto metà della pena. Nel settembre del 2005, uscito di galera da soli quattro giorni, verrà di nuovo arrestato e processato per violenza nei confronti della moglie, e finirà per altri quattro mesi dietro le sbarre.
Manco a dirlo, ci ricasca un’altra volta, anche in questo caso subito dopo essere stato rilasciato: aggredisce un uomo in un ristorante e torna in tribunale, dove si becca altri due anni commutati – non si sa bene perché – in soli due mesi di effettiva detenzione e in una sessantina di ore di servizi di utilità sociale.
Chissà, fosse rimasto in cella più a lungo, forse non avrebbe ripreso in mano il coltello per ferire la moglie, ritrovandosi sul groppone e sulla fedina altri sedici mesi, come dicevamo in apertura di pagina.
Certo è – o quasi – che se Matti non si fosse strafalciato di alcol in quel modo, Nykänen oggi avrebbe compiuto sessant’anni. Invece gli eccessi gli hanno procurato il diabete e la pancreatite, patologie che, insieme al colpo di grazia dato da una polmonite, lo hanno portato alla tomba il 4 febbraio del 2019, a soli 55 anni, consegnando il personaggio alla storia, al mito e ai luoghi comuni che, in gran parte dei casi, lo tratteggiano come Icaro che, a furia di volare troppo alto, finì per bruciarsi le ali.