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‘Per il mio erede forse è prematuro. Ma il potenziale c'è’

Dai campi da calcio alle piste di sci nordico: Dario Cologna, una carriera lunga vent'anni e costellata di titoli. Fra cui quattro ori olimpici

Per cent’anni il punto di riferimento dello sci nordico elvetico (Keystone)

Dai campi da calcio alle piste di sci nordico: Dario Cologna, una carriera lunga vent'anni e costellata di titoli. Fra cui quattro ori olimpici

17 ottobre 2023
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C’è un tempo giusto per ogni cosa. Anche per dire basta. E quel momento per Dario Cologna è arrivato nel marzo dello scorso anno, quando il grigionese originario della Val Monastero ha deciso di chiudere la sua entusiasmante carriera di fondista. Un addio alle gare peraltro attentamente ponderato e annunciato già a novembre di quella che era la sua ventesima stagione nel circuito.

KeystoneCon le quattro ‘chicche’ olimpiche

«No, il mondo delle gare non mi manca, o, almeno, non mi manca troppo – racconta il grigionese –. Anche perché, pure ora che sono ‘pensionato’ bene o male sono comunque rimasto attaccato al mondo dello sci nordico. E, in fondo, posso ritenermi soddisfatto di quanto raccolto nella mia carriera agonistica: ho vinto tutto quanto potevo vincere». Parole, quelle del 37enne della Val Monastero, che non sono solo di circostanza, visto che nella sua bacheca personale fanno bella mostra di sé, fra gli altri, quattro ori olimpici (15 km a Vancouver 2010, 15 km e inseguimento a Sochi 2014 e 15 km a Pyeongchang 2018), un oro e un argento iridati (titolo nell’inseguimento a Val di Fiemme nel 2013 e piazzamento d’onore nella 50 km sempre nel 2013 a Val di Fiemme e nell’inseguimento a Falun nel 2015) e quattro Coppe del mondo (2009, 2011, 2012 e 2015). «Non ho rimpianti: era il momento giusto per smettere, per rivedere le mie priorità e godermi di più la famiglia, e in particolare mio figlio, che ora ha due anni».

Torniamo però alle piste da sci e alla tua carriera: qual è il ricordo sportivo più bello che serbi dei tuoi anni trascorsi nel circuito di Coppa del mondo? «Le Olimpiadi, per uno sportivo, rappresentano sempre un grande evento, ragion per cui le quattro medaglie d’oro mese al collo in quel contesto occupano un posto privilegiato nell’album dei miei ricordi. Sicuramente, fra questi, i più emozionanti per me sono stati i due ori di Sochi nel 2014, perché vinti al termine di una corsa contro il tempo per il comeback da un infortunio dall’esito tutt’altro che scontato. Quello è stato senza dubbio uno dei momenti più belli della mia carriera, per il sottoscritto e per il mio team».

KeystoneLacrime sul podio di Sochi

Riposti gli sci in soffitta e smessi i panni dello sportivo, Dario Cologna è passato... dall’altra parte, prendendo in mano un microfono per vestire quelli del co-commentatore delle prove di sci nordico per la televisione pubblica svizzerotedesca. «È un modo come un altro per restare un po’ a contatto con quel ‘giro’ che fino a un anno e mezzo fa rappresentava il pane quotidiano per me. E in più mi dà l’opportunità di vivere questo sport da un’altra prospettiva, anche più distaccata, scoprendone sfaccettature che prima, quando ci ero immerso da... berretta a scarponcino, non consideravo». Ciò che Dario Cologna ha appunto potuto fare anche ai Mondiali di Courchevel/Méribel, lo scorso mese di marzo: cosa hai provato quando ti sei trovato con il microfono in mano anziché il bastoncino da sci, come invece avveniva regolarmente negli anni precedenti, in un contesto così? «Le prime volte, a inizio stagione, mi faceva strano essere lì a guardare gli altri faticare sulla neve. In Francia, ormai a tre quarti di stagione andata, questa sensazione si è un po’ attenuata e, anzi, ho anche provato un certo sollievo per non essere più io quello sotto sforzo!» E nemmeno in quel contesto si è insinuata un po’ di malinconia per non essere più parte attiva della competizione? «No, e lo dico sinceramente: mi sono messo il cuore in pace. Sì, nella mia lunga carriera in Coppa del mondo mi sono anche divertito, ho stretto amicizie e vissuto molte emozioni, ma alla fine tutta quella tensione e quella pressione che inevitabilmente si manifestano quando si gareggia ai massimi livelli finiscono con lo sfiancarti e senti anche l’esigenza di voltare pagina. Poi, appunto, l’incarico di co-commentatore e i diversi mandati che la Federazione di sci mi affida mi permettono di compensare questa mancanza di agonismo. A sciare, beninteso, ci vado ancora, e volentieri, ma senza più pressioni addosso e per il puro piacere di farlo! Vivendo a due passi da Davos, quando ne sento la voglia (o la necessità), posso sfogarmi su quelle piste».

‘Il doppio oro olimpico di Sochi, nel 2014, è stato forse il momento più emozionante della mia carriera’

Come è cambiato, se lo è, lo sci nordico in questo anno lontano dalle competizioni? «I Paesi che facevano l’andatura prima sono quelli che la fanno ancora oggi: per eventualmente mutare una gerarchia ci vuole decisamente più tempo di una stagione. Se invece guardiamo allo sci nordico a tinte rossocrociate, è innegabile che con il mio ritiro dalle gare il movimento ne abbia un po’ risentito: manca un atleta al top nel nostro Paese, uno capace di convogliare più gente sul fronte dello sci nordico, allargando così la base del movimento in modo da creare le premesse affinché qualcuno possa emergere e ritagliarsi una fetta di gloria in un contesto internazionale».

KeystoneNei panni del co-commentatore

Ma Dario Cologna, per la Svizzera, resterà un’eccezione o c’è del potenziale affinché un domani qualcuno possa seguire la sua traccia? «Sperare di avere un nuovo campione olimpico nei prossimi dieci anni sarebbe forse un po’ troppo, ma mi auguro vivamente che in quel lasso di tempo il nostro Paese possa annoverare atleti capaci di battersi regolarmente per le posizioni che contano».

Vent’anni di carriera sugli sci, titoli mondiali e olimpici in bacheca, certo, ma Dario Cologna non nasce come fondista. Anzi, quella tracciata... dagli sci fini è stata una pista imboccata relativamente tardi rispetto a tanti suoi ex colleghi: «Ho cominciato a praticare in modo serio lo sci nordico solo attorno agli undici-dodici anni. Prima avevo provato con altri sport, come sci alpino e calcio. Ma, evidentemente, quella non era la mia strada», tiene a specificare, con un sorriso che gli illumina il volto. Contento di non aver continuato a dare calci al pallone? «Beh, col senno di poi sì. Alla Svizzera mancava un campione olimpico nello sci di fondo, e così ho potuto colmare questa lacuna!»

Come sei arrivato allora a diventare il campione che tutto il mondo ha applaudito? Qual è il tuo segreto? «Di segreti non ce ne sono. Puoi avere tutta la predisposizione e il talento che vuoi, ma senza il sudore, quello prodotto dal tanto lavoro quotidiano, non si arriva da nessuna parte. E poi serve anche un pizzico di fortuna, anche nel trovare le persone giuste, quelle capaci di valorizzare tutto il tuo lavoro».