BASKET

Delusione Spinelli per una stagione senza titoli

Coach Gubitosa: ‘Abbiamo pagato cara la sconfitta nella finale di Sb Cup, ma è mancata pure la disciplina. Senza dimenticare infortuni e Covid’

La stagione 21/22 della Spinelli Massagno si è fermata martedì 17 maggio all’alba delle 21.30. Più che alba un tramonto, senza però quel sole infuocato che annuncia un giorno seguente di bel tempo, perché il risveglio, sempre che si sia riusciti a dormire, è di un confronto con una realtà che ti dice che da oggi in palestra non ci si va più.

Eppure, l’inizio di stagione era stato di quelli speciali, nel senso che si respirava un’aria molto ricca di entusiasmo e di traguardi da cogliere, mettendo in vetrina i gioielli migliori, convinti che sarebbero bastati per arrivare là dove la Sam non era mai arrivata. Gubitosa diceva, in conferenza stampa, che l’obiettivo era un trofeo, non importava quale, ma un titolo per questa società, cresciuta a pane e acqua, ma ora con ambizioni importanti. E invece?

«Invece ci ritroviamo senza aver vinto nulla – ci dice uno sconsolato Robbi Gubitosa –, anche se siamo arrivati vicini almeno in una manifestazione, la finale di Coppa Sb a Montreux, non abbiamo avuto fortuna in Coppa Svizzera con un sorteggio che ci ha mandato in casa dell’Olympic troppo presto, si era agli ottavi, e martedì abbiamo finito la corsa a Neuchâtel in gara 4».

Riavvolgiamo un attimo il film: quella sconfitta a Montreux è stata un colpo mai più assorbito e pagato anche in campionato? «Certamente aver buttato al vento una vittoria che avevamo a portata di mano dopo 38 minuti e rotti è stata una mazzata. Nel morale, ma anche nelle convinzioni a livello mentale. Lo si è visto in altre sfide importanti dove, pur vincendo quasi sempre, non avevamo più le convinzioni di prima».

Infatti avete fatto corsa fra primo e secondo posto per tutta l’annata. «Sì, abbiamo perso qualche gara, come a Nyon, Monthey e anche a Neuchâtel, ma in condizioni ridotte, falcidiati come eravamo tra infortuni e Covid. Forse qualcuno lo dimentica, ma io ho avuto la squadra al completo per la prima volta la settimana della Sb Cup, con il rientro di Kovac e Nikolic in extremis. Non è un facile alibi, ma in fatto di incidenti non siamo secondi a nessuno».

Questa serie è stata giocata troppo male a livello di squadra... «Si può certamente affermarlo, nel senso che abbiamo giocato molto meglio tante partite, ma bisogna ricordare anche che prima di Neuchâtel in gara 2 non avevamo mai perso a Nosedo. E, facendo i conti, siamo usciti con tre sconfitte per quattro, tre e due punti, segno evidente che, alla fine, sono stati i dettagli, magari anche la sfortuna, a fare la differenza».

Le cifre fra le due squadre non si differenziano molto, ma l’apporto degli svizzeri neocastellani è una sentenza nei confronti dei nostri... «È vero che queste cifre non si possono nascondere, ma se pensiamo a qualche canestro "sputato dal ferro", a qualche canestro sbagliato banalmente da "sotto", a qualche rimbalzo di troppo concesso agli avversari o a qualche tiro disperato dell’avversario che ha fatto ciuff, vediamo che le distanze non erano poi così evidenti».

Sempre convinto di aver fatto le scelte giuste in estate? «Posso anche dire di sì, ma poi a conti fatti si può pure dire di no, è fin troppo facile. Diciamo che alcuni giocatori non hanno dato quanto mi aspettavo da loro, magari perché pretendevo troppo o magari perché non hanno dato quanto avevano con la necessaria costanza».

Nei playoff è giusto dire che sono anche mancate, ovviamente, anche le energie mentali? «In gara 1 abbiamo dominato grazie a un ottimo lavoro di squadra sia in attacco, sia in difesa, arrivando a distacchi notevoli. Poi in gara 2 abbiamo cominciato a… perderci, dando al Neuchâtel una spinta che ha capitalizzato. Molti si sono trovati svuotati o, comunque, poco reattivi e consapevoli di quello che ci voleva: restare uniti, lottare assieme e giocare assieme, proprio come han fatto gli avversari».

Il ricorso a Baldassarre è stato una necessità? «Anche se forse ci si poteva aspettare di più, lui è stato un cambio utile per i lunghi: ma quando arrivi a un minuto a mezzanotte, non è facile sintonizzarsi subito».

Williams e anche James non hanno "tradito"... «Williams è un gioiello di giocatore, capace di assumere quattro ruoli e di un’intelligenza di gioco notevole. James ha messo in campo fisico e testa senza mai mollare e senza mai lamentarsi. Due esempi da seguire».

La crescita di Martino è un bel fattore... «Alex è stato una pedina importante nell’economia del nostro gioco, conquistandosi minuti e sostegno, con grande abnegazione e ho sempre creduto nelle sue potenzialità».

Taylor si è dimostrato ondivago, Nikolic spesso perso... «Molto alterni, è vero, anche nella capacità di "leggere" le situazioni e con una "cattiveria" latente. In diverse partite ci sono mancati, come sono mancati anche i due Mladjan e Kovac. Infortuni, recuperi, Covid e anche l’anagrafe, sono stati pesanti da gestire. La differenza l’abbiamo vista quando stavano bene al cento per cento e non vuole essere un alibi di comodo».

E ora? «Prima vorrei ringraziare i vari Hüttenmoser, Veri, Tanackovic e gli altri giovani che si sono allenati con noi e ci hanno permesso di lavorare bene. Poi ci troveremo e con la società vedremo di analizzare ogni particolare per presentarci ad agosto con nuovi stimoli e gli stessi obiettivi: vincere un trofeo».

Il presidente Regazzi, al suo secondo anno alla testa della Sam, è molto deluso... «Vedere come si è perso è stato un vero dolore, io gioco sempre per vincere e quando puoi farlo e ti perdi e perdi diventa… intollerabile».

Il come e il perché: quale pesa di più? «Il come è indigesto, perché abbiamo perso tre gare allo stesso modo, subendo i canestri decisivi sulle penetrazioni dell’uno o dell’altro: il perché rientra in ambiti più tecnici, ma sono anche convinto che la sconfitta in Sb Cup ci abbia tolto consapevolezza e certezze».

Uomini fragili in cerca più di alibi che di autocritica? «Non sto nella testa di tutti, ma sono certo che le fragilità ci sono state nell’aspetto mentale e nella forza di lottare. Gli alibi possono essere gli infortuni, non certamente le continue lamentele durante le gare che ci sono costate tecnici anche pesanti nell’economia della squadra e non».

Disciplina in tutti i sensi? «Certo: innanzitutto nel seguire le consegne del coach e poi è ora di smetterla di prendere tecnici, frutto di inutili quanto dannose lamentele che indispongono tutti, soprattutto gli arbitri, e destabilizzano il singolo e la squadra. In questo ambito dovremo intervenire in maniera assoluta. La Spinelli ha anche un’immagine da difendere che non è quella di squadra piagnona e vittimista. In futuro ci dovranno essere attributi e unità, come ci insegnano le squadre vincenti».