Doppietta mondiale nella gara più importante, ma anche bronzo per Sina Frei tra le ragazze. Buon nono posto (con il tempo del sesto) per Filippo Colombo
Tre medaglie d'oro, una d'argento e quattro di bronzo. E una miriade di top-10 in tutte le discipline. Ancora una volta, per la Svizzera i Mondiali di mountain bike si sono chiusi in maniera trionfale (nel medagliere solo la Francia ha fato meglio). Un bottino in cima al quale, ovviamente spicca il nono titolo iridato del più grande di tutti i tempi: Nino Schurter. Anzi, la prova di cross-country maschile ha quasi fatto il paio con quella olimpica femminile, perché se a Tokyo le elvetiche Neff, Frei e Indergand avevano fatto segnare una storica tripletta, in Val di Sole i ragazzi hanno risposto con la vittoria del grigionese e il secondo posto di un Mathias Flückiger, il quale negli ultimi tre anni ha collezionato tre argenti mondiali e uno olimpico. Il weekend principale è stato caratterizzato dalla doppietta in campo maschile, ma anche dal bronzo di Sin Frei tra le donne (quarta Jolanda Neff, in una gara dominata dalla britannica Evie Richards) e dall'inaspettato bronzo di Camille Balanche nella gara femminile di downhill. A far clamore è però stato il dominio in campo maschile. Schurter e Flückiger hanno messo subito in chiaro le cose già nel secondo dei sei giri in programma e se ne sono andati in coppia. Il grigionese è riuscito a sorprendere il bernese, sempre alla ricerca di un primo titolo iridato (e in lacrime all'arrivo), con una staccata incredibile alla penultima curva... «Era l'ultima possibilità per provare il sorpasso e ci sono riuscito – ha commentato Schurter –. È stata una gara perfetta. Ammetto che nutrivo dubbi sulle mie possibilità, al termine di una stagione difficile. Vedere che posso ancora vincere è importante, anche per la pianificazione della mia carriera».
Fino al momento dell'attacco di Schurter e Flückiger, con il gruppetto di testa si trovava anche Filippo Colombo, bravissimo in partenza ad accodarsi ai due connazionali, Cink, Avanzini e Koretzky... «Ero lì – commenta il biker ticinese –, ma, io come altri novanta corridori, non sono stato in grado di reggere il ritmo imposto».
Alla fine, ha chiuso in nona posizione, ma nello stesso gruppetto del sesto classificato, il neozelandese Samuel Gaze... «Nel complesso sono abbastanza contento. Avevo sperato di migliorare il settimo posto di una anno fa a Leogang e sono comunque arrivato a un passo dal sesto posto, per cui si può dire che ho fatto corsa pari con il 2020. Non ho nulla da rimproverarmi, avevo buone gambe e me la sono giocata. È vero, nel giro conclusivo, quando si è trattato di sprintare sul tratto pianeggiante per andare a prendere l'ultimo single-track, sono rimasto vittima di qualche crampo e non mi sono potuto giocare per davvero la possibilità di un sesto posto, posizione sulla quale, alla luce degli avvenimenti, avevo impostato tutta la mia gara. Dopo il bronzo all'Europeo, avevo bisogno di un'altra gara capace di confermare la mia crescita e l'ho trovata».
Una volta tanto, non è stata la partenza a penalizzare il ticinese, come invece era accaduto alle Olimpiadi e nella prova di short-track di giovedì... «Sapevo quanto fosse importante scattare bene. Dopo lo short-track ero molto arrabbiato con me stesso e non volevo ripetere l'errore. Mi sono concentrato molto sullo start ed è andata bene, anche grazie a un po' di fortuna, perché spesso la partenza risulta una lotteria, basta scegliere la traiettoria sbagliata e ci si ritrova imbottigliati e superati da decine di avversari. Questa volta è andata bene e mi sono inserito senza fatica nel gruppetto di testa».
I crampi nel finale potrebbero essere stati causati dall'affaticamento dovuto alla gara di short-track, nella quale Colombo è stato costretto a recuperare dalla 25ª all'8ª posizione. Con il senno di poi, forse, hanno visto giusti Schurter e Flückiger che la gara corta l'hanno snobbata... «Sicuramente se mi avessero detto in anticipo che avrei chiuso all'ottavo posto non mi sarei presentato al via, ma questo non lo potevo immaginare. È vero, un po' di fatica supplementare l'ho messa nelle gambe, ma a conti fatti hanno risposto bene durante tutta la gara di cross-country, per cui non credo che l'essere sceso in pista per lo short-track abbia in qualche modo condizionato la prova principale».
Quando Nino e Mathias sono scattati, Colombo era lì con loro e non ha potuto reggere. Ovviamente, al ticinese qualcosa manca ancora... «Difficile dire cosa. Stiamo comunque parlando di due campioni e Nino è addirittura un fenomeno. Rispetto a loro mi manca muscolatura, fisico, così come esperienza. So, però, di poter mettere ancora tante ore di allenamento nelle gambe e di possedere sensibili margini di miglioramento. Schurter rappresenta un caso particolare, ma Flückiger è giunto ai vertici assoluti all'età di 28 anni, per cui ho ancora parecchio tempo davanti a me. Certo, mi piacerebbe poter competere fin da subito con i migliori ed è per questo che prendo ogni appuntamento come una possibilità per ridurre il gap che mi divide da loro. A partire da settimana prossima a Lenzerheide, in una tappa di Coppa del mondo alla quale tengo in modo particolare».
La stagione di Filippo Colombo, inutile ricordarlo, è stata contraddistinta dalla rovinosa caduta di Albstadt a inizio maggio. Prima del meritato riposo rimangono due tappe di Cdm, a Lenzerheide e a Snowshoe, negli Stati Uniti, ma il primo bilancio, però, lo si può già stilare... «Ho messe nelle gambe tanta esperienza. Non nascondo che l'obiettivo principale del 2021era rappresentato dalla partecipazione alle Olimpiadi e, anche se per il rotto della cuffia, l'ho raggiunto. Purtroppo, ho avuto poche occasioni per provare a me stesso di essere giunto al livello dei migliori: nella mountain bike gli appuntamenti agonistici non sono molti e io ho perso metà Coppa del mondo a causa dell'infortunio. Questa è la mia seconda stagione negli élite, ma è come se fosse la prima, in quanto ho avuto poche occasioni di gareggiare nella massima categoria: il 2020 era stato devastato dal Covid-19, il 2021 me lo sono devastato da solo con la caduta...».