Volley

Pallavolo, è Fabiana Mottis la migliore esordiente

Intervista alla 17enne di Lostallo, che gioca nel Lugano, ritenuta la 'rookie of the year' in Svizzera dal portale specializzato volley1.ch

Fabiana Mottis all'annuncio di essere la 'rookie of the year' della pallavolo svizzera
(Ti-Press/Golay)
20 marzo 2021
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Immaginatela sorridere durante tutta l'intervista. Fabiana Mottis è un concentrato di energia positiva, che riesce a trasmettere anche dietro uno schermo di computer, attraverso il quale la raggiungiamo il giorno dopo avere ricevuto il del premio di migliore giovane svizzera esordiente in Lega nazionale A, assegnato dal portale svizzero di pallavolo Volley1. «Sono una ragazza tanto solare, me lo dicono sempre». 

Sorride con gli occhi e con le parole, mentre risponde alle domande con un piglio così sicuro, da farci verificare se non abbia più dei suoi non ancora diciott'anni (li compirà ad agosto); sorride mentre riflette, mentre si sistema gli auricolari, mentre racconta di quanto sia importante per lei lo sport. «Se ci penso, è difficile immaginare una me senza pallavolo». Vuoi per lo spazio che prende il volley nella sua vita, vuoi per l'amore nei confronti di questa disciplina, vuoi perché gioca praticamente da sempre.

«Ho iniziato da piccolina, ero ancora all'asilo. Quella per la pallavolo è una passione che c’è sempre stata nella mia famiglia; ci giocava già mio fratello, di quattro anni più grande». Uno sport che Fabiana ha però subito fatto suo, tanto da non porsi mai la questione di volerne provare altri. «Mi è piaciuto fin dall’inizio e mi sono sempre divertita proprio tantissimo. Dopo un paio d’anni ho iniziato anche il beach volley, che continuo a praticare e che gioco in estate, alternandolo alla pallavolo che pratico nei mesi più freddi. Unire le due discipline, mi ha sempre motivata parecchio». Nel Moesa Volley, quindi sulla porta di casa (vive a Lostallo) ha giostrato cinque anni e, dopo un passaggio di un anno nel G & B Volley, «soluzione più comoda in termini di spostamenti, anche perché ero ancora giovanissima», è poi approdata al settore giovanile Academy del Lugano. Un anno nella categoria U15, due anni nella U17, due, compreso l'attuale, nell'U19. «Da questa stagione gioco ufficialmente nella Serie A». Sorriso grande.

Chi è Fabiana Mottis, con le parole di Fabiana?

Anzitutto direi che sono una persona alla quale piace trasmettere gioia agli altri. Aggiungerei poi che sono energica, in particolare dal punto di vista sportivo.

Cosa ti piace di una disciplina di squadra?

Amo proprio il gioco di squadra in sé. Ma la mia concezione del gioco di squadra è che non ci sia nessuna individualità che emerge sulle altre, né qualcuno che ‘scompare’. A me piace quando tutto il team funziona all’unisono: quando si crea un bel rapporto tra giocatrici e si vive un ambiente quasi di famiglia; quando si lavora insieme, per i medesimi obiettivi. Quando ognuno mette il suo tassello di puzzle, grande o piccolo che sia. Perché è unendo tutti i tasselli assieme, che si può formare qualcosa di grande.

Frequenti il liceo a Coira. L'idea di uscire di casa a 15 anni non ti aveva spaventata? 

Ho scelto Coira, e non il liceo di Bellinzona, anche perché mi sono sempre piaciute le lingue straniere, compreso il tedesco; inoltre mi attirava il fatto di vivere in un convitto durante la settimana. In famiglia non è stata una novità, perché anche mio papà e mio fratello avevano fatto la medesima scelta. 

Devo dire che a me piacciono le sfide. All’inizio qualche timore l’avevo avuto, perché mi ero ritrovata a essere la sola italofona in classe. I primi tempi erano stati duri, però poi mi sono ambientata molto bene. Ho un carattere piuttosto socievole e questo mi ha aiutata a integrarmi.

Per il dopo scuola superiore, al momento penso a una formazione orientata sullo sport o sulla comunicazione in generale. Compreso il giornalismo; in quanto mi piace interagire con le persone e, appunto, amo le lingue. Ma alla fine del liceo mancano due anni e qualche mese, perciò ho ancora tempo per riflettere.

Come ti organizzi per gli allenamenti, dato che durante la settimana sei lontana da Lugano?

Mi preparo nella Talent School di Coira, struttura interamente dedicata al volley, insieme alla mia amica Lea Toschini, che frequenta la mia stessa scuola. Con lei abbiamo percorso, fin da piccole, tutto il cammino che ci aveva portate entrambe nel Lugano. Ora lei ha cambiato squadra, ma insieme giochiamo a beach volley. A Coira mi alleno lunedì e martedì sera, giovedì a mezzogiorno e talvolta anche giovedì sera; il venerdì rientro e la sera mi alleno con la squadra, mentre al sabato si giocano le partite.

A soli diciassette anni come hai vissuto l’entrata in prima squadra?

I primi tempi mi chiedevo come sarebbe andata, per il fatto che non mi allenavo con le altre ragazze se non il venerdì. Un po’ di tensione c’era: non tanto perché ero giovane, quanto perché pensavo che la maggior parte delle compagne sono professioniste e hanno un livello davvero alto. D’altro canto tutto ciò mi ha spronata a dare il massimo e le preoccupazioni non sono durate a lungo. Mi sono sentita abbastanza in fretta parte del gruppo; specialmente da quando ho iniziato a giocare con regolarità.

Cosa ti ricordi della tua prima partita in Serie A?

Ricordo che il primo libero aveva un dolore a una gamba e l’allenatore mi aveva detto di prepararmi; però aveva poi fatto passare parecchio tempo, prima di mettermi in campo. La prima volta che sono entrata, si era agli ultimi punti di un set e all’inizio ero tesa, anche perché c’erano tante persone che mi incitavano. Ma una volta dentro, entra in circolo l’adrenalina e si ha voglia di fare il meglio: ero molto gasata.

Il tuo ruolo è particolare: il libero ha in effetti il compito di difendere e ricevere i servizi della squadra avversaria. È una posizione che ti sei scelta tu nel tempo, o che ti hanno assegnato?

Bella domanda! - riflette un attimo -. Io sono sempre stata piccola di statura, questa è la mia caratteristica che è sempre saltata all’occhio e di conseguenza gli allenatori hanno spesso pensato a farmi fare proprio il libero. Il quale è però un ruolo che presuppone agilità e velocità, oltre che una spiccata capacità di lettura del gioco. Questi requisiti, oltre a una certa 'furbizia', i miei allenatori li hanno sempre visti in me. Dunque mi sono sempre allenata come libero e ho sempre giocato in questa posizione.

Per sommi capi, il libero ha come primo obiettivo il 'non prenderle'; ma non può mettere a segno i punti. Dover investire tutta l’energia nel difendere e non nell’attaccare, ti piace o ti mette una certa pressione?

Mi piace tantissimo. In pratica, sono io contro le attaccanti forti e questa cosa mi incita molto. Mi stimola sapere che qualcuno apprezza, ad esempio, un mio salvataggio; perciò questo ruolo mi sprona parecchio a dare il meglio. Ovviamente in certi momenti sì, mi capita di dispiacermi di non avere modo di segnare punti; però mi dico anche che posso fare molto dietro, per salvare la palla; ciò che è tanto importante, quanto fare punti.

Un ruolo con queste caratteristiche richiede anche di indossare una veste di leader, o in squadra questo compito spetta ad altri?

Principalmente la figura di spicco è il capitano. Ma il libero ha sicuramente una funzione importante dal punto di vista caratteriale. È una sorta di capo del reparto arretrato: è quello che guida gli altri nelle posizioni per difendere e che incita per realizzare i punti. Il libero non dev’essere qualcuno di silenzioso, bensì una persona che trasmette carica ed energia.

Sei giovane, giochi in un ruolo particolare in una squadra di Serie A. Non è un peso?

Ora sinceramente no, perché so cosa posso dare e conosco le mie caratteristiche. Certo, all’inizio mi spaventava: però credo di essermi guadagnata il posto e l’ho fatto lottando; inoltre sento il rispetto della squadra e lo apprezzo molto. Perciò non ho timori nell’urlare per incitare le compagne.

Sembri piuttosto determinata. È così?

Molto. Molto, molto. (Sorriso. Sorriso, sorriso. Ndr)

Sei risoluta in ogni ambito o più che altro nello sport?

Lo sono in generale, sono una persona che ha i propri obiettivi. Negli studi, ce la metto tutta per arrivare dove voglio. Mentre nello sport in particolare, sono parecchio autocritica e da me pretendo tanto, a volte anche troppo, perché so cosa posso fare.

Quali traguardi sportivi ti piacerebbe raggiungere?

Due miei propositi sono sempre stati di giocare nella nazionale maggiore ed entrare in una squadra a livelli davvero alti. Lì, sarei confrontata con atlete che arrivano da tutto il mondo. Oltre a essere una grandissima emozione, giocare con persone così forti mi aiuterebbe a crescere parecchio.

Lo sport cosa ti porta a livello personale?

Credo che praticare sport mi aiuti a sfogarmi e a mettere da parte per un po’ gli oneri della scuola, a dimenticare tutto il resto. Io ho sofferto durante il lockdown, perché sono sempre stata abituata ad allenarmi molto e ad avere contatti con la squadra. Non poter incontrare le compagne e vedere ridotta la mia quotidianità a casa e scuola, è stato duro. Io non so cosa significhi una vita senza sport; se non praticassi nulla, penso che mi mancherebbe la motivazione di fare qualunque cosa. Inoltre avere molti impegni, mi consente di organizzarmi, ad esempio strutturando meglio lo studio. 

Ti aspettavi di vincere il premio 'Rookie of the year' di Volley1?

A dire la verità, me n’ero dimenticata - ride -. Avevo le carte in regola, sapevo le mie qualità rispetto alle altre due ragazze in corsa. Però un po’ di sorpresa c’è stata e anche se il riconoscimento non è dato da Swiss Volley, è comunque assegnato sentendo il parere di diversi addetti ai lavori e persone competenti, tra cui presidenti e allenatori di Lega Nazionale A. Sono davvero molto contenta e orgogliosa; anche per la mia famiglia, i miei amici e gli allenatori.