'Tra agenti, giocatori, madri e nonni chiamano tutti per piazzare qualcuno', dice l'uomo forte dei Tigers. 'Il cambio di coach? Un segnale di rinnovamento'
Le statistiche dicono che i giovani stanno allo smartphone per almeno quattro ore al giorno, ma Alessandro Cedraschi (presidente del Lugano Basket) da maggio a oggi ci sta per almeno quindici ore. «Da quando è finito il campionato, è un susseguirsi di persone che chiamano: agenti, giocatori, padri, madri, nonni, ex giocatori. Tutti vogliono piazzare un giocatore e, all’inizio, un allenatore. Ci sono scelte infinite nel mondo cestistico e ognuno cerca di proporre un suo ‘prodotto».
Le scelte fatte sono sempre legate alle possibilità. «Ovviamente è questa la base sulla quale poggia il tutto. Quando ci sono tanti soldi a disposizione, è diverso da quando si devono fare le nozze con i fichi secchi, come è la nostra realtà oggi».
La disponibilità di giocatori comunque non manca. «Se parliamo di giocatori stranieri logicamente no, considerata l’enormità del mercato. Ma se parliamo di svizzeri, allora il discorso cambia: oggi uno svizzero valido costa più di uno straniero, vista la rarità di quelli buoni e quindi la concorrenza fa alzare i prezzi. Noi ci abbiamo provato ma, a parità di ingaggio, non vengono in Ticino e restano nella Svizzera romanda o vanno all’estero. Come Kovac, che ha scelto l’Islanda pur avendo avuto da noi una buona offerta».
Partiamo dal vostro nuovo allenatore. «Con Petitpierre siamo andati bene e lo ringrazio ancora per la sua amicizia e la disponibilità. Volevamo però dare un segnale di rinnovamento e abbiamo scelto Salvatore Cabibbo, che conosce l’ambiente e il basket svizzero, sottraendolo, diciamo così, ai cugini».
Oltre a lui avete cambiato tutti i giocatori stranieri. «Kamara e Carey erano conosciuti e ritenuti adatti alla squadra; Porter e Williams sono due novità: il primo è un play spettacolare, l’altro un’ala–post che dovrebbe darci sostanza e ha una buona conoscenza del basket europeo. Speriamo di averci preso; il responso lo darà il campo».
Bracelli, Mussongo, Stevanovic e i giovani già visti lo scorso anno. E dal settore giovanile nessun emergente? «Abbiamo un vuoto generazionale. Ci sono alcuni U16 e U17 buoni in prospettiva, sempre che abbiano testa e motivazioni per il salto in avanti. Abbiamo costantemente oltre 250 ragazzi nel settore giovanile, però pochi poi arrivano, per i motivi più svariati: studi negli States, lavoro, università oltre Gottardo; o semplicemente, smettono».
La rivale Sam ha fatto un salto avanti. «Beati loro che hanno i mezzi per effettuare certi ingaggi. Con un trio di svizzeri come i fratelli Mladjan e Aw, oltre al recupero di Andjelkovic, possono competere con le due migliori del campionato. Ma sono sempre molti i fattori che portano al successo».
Si può ancora arrivare ad altri giocatori, con il mercato aperto fino al 28 settembre. «Come dicevo, gli svizzeri buoni hanno trovato casa. Abbiamo cercato anche Steinmann ma, anche se la nostra offerta era buona, ha preferito Vevey che è sulla porta di casa. Vedremo se ci saranno altre opportunità in Svizzera oppure oltre oceano, ma di veramente buoni nel rapporto qualità-prezzo non ne sono rimasti molti. Sino alla fine non staremo con le mani in mano».
Tanto per cambiare, gli squilla il cellulare. È un agente che si fa avanti con nomi, centimetri e statistiche. Il buon ‘Cedro’ sorride, scuote la testa e risponde. Che sia la volta buona?