Basket

Il Prescelto sfiora il miracolo, poi si arrabbia e se ne va

I 51 punti di LeBron James non bastano ai Cavs per evitare la sconfitta con i Warriors in una pazza gara 1 delle Finals Nba, in cui J.R. Smith la combina grossa

1 giugno 2018
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«Andrà meglio la prossima volta». Sono le ultime parole che LeBron James ha indirizzato ai giornalisti mentre lasciava stizzito la sala stampa dopo gara-1 della finale Nba tra i suoi Cleveland Cavaliers e i Golden State Warriors, vinta da questi ultimi 124-114 all'overtime. Un nervosismo comprensibile, visto che “the King” aveva appena perso una partita in cui oltre a 8 rimbalzi e altrettanti assist, aveva messo a segno la bellezza di 51 punti, il suo massimo in carriera alle Finals, diventando il sesto giocatore della storia capace di segnare almeno 50 punti nella serie che mette in palio l’anello (gli altri sono Baylor, Barry, Jordan, West e Pettit). Ma l'ennesima prestazione mostruosa del prescelto non è come detto bastata ai Cavs per espugnare la Oracle Arena in un primo atto nel quale è successo di tutto, dalla rissa sfiorata nel finale con i padroni di casa ormai certi della vittoria e soprattutto al modo in cui questa è maturata. Grazie ai 53 punti in due degli “Splash Brothers” (29 Stephen Curry e 24 Klay Thompson) e agli ulteriori 26 di Kevin Durant (tutt'altro che preciso al tiro con un 8 su 22, di cui 1 su 7 da tre punti) certo, ma anche grazie suo malgrado al loro avversario J.R. Smith, il cui gesto è già stato etichettato come uno dei più stupidi e incredibili della storia Nba.

Quello che è accaduto negli ultimi secondi dei tempi regolamentari ha effettivamente dell'incredibile: George Hill si ritrova in lunetta per gli ospiti con i due tiri liberi più pesanti della sua carriera. Il primo va dentro e scrive sul tabellone 107-107. Segnare il secondo invece vuol dire mettere il naso avanti con meno di 5 secondi sul cronometro. La palla però schizza sul primo ferro e Smith cattura il rimbalzo d’attacco, l’extra-possesso che può regalare a Cleveland la vittoria. Smith però non guarda il ferro, ma una volta rimessi i piedi a terra, corre verso la sua metà campo, tra gli sguardi attoniti di compagni e avversari, che non capiscono bene quale sia la sua intenzione. LeBron è libero, gli fa vedere le mani, le batte sul petto, urla di tutto. Ma J.R. pensa chiaramente di essere in vantaggio nel punteggio e si accorge troppo tardi della stupidaggine compiuta, scarica in emergenza in angolo e i Cavs non riescono neanche a prendere il tiro in tempo. Occasione persa e tempo supplementare, poi dominato dai campioni in carica.

E sono state proprio le domande insistenti dei giornalisti su quanto combinato dal suo compagno di squadra, a far infuriare LeBron, che prima di andarsene aveva dichiarato: «Dobbiamo guardare avanti. Questa partita è finita e ce ne sono altre che ci aspettano. Abbiamo avuto diverse opportunità per vincere ma non siamo stati bravi a sfruttarle. J.R. ha preso una brutta decisione? Non rinuncerò mai a lui, non è colpa sua se abbiamo perso. Non sono nella sua testa, quindi non posso sapere cosa stesse pensando ma so per certo che non addosserò mai la colpa di una sconfitta ad uno dei miei compagni».

Parole di un leader che ha compiuto l'impossibile in gara 1 delle finali Nba ma che si è fermato a un passo dal miracolo, battuto da uno dei collettivi (quello di Golden State) più forte di tutti i tempi che sul più bello si è scoperto troppo solo anche per lui. Domenica gara 2, sempre a Oakland, promette altre scintille.