Gli accordi saltano quando si parla di poltrone. E di Centro. Serve leggere tra le righe, non solo in un pomeriggio dei lunghi coltelli come quello di ieri
Quanto è lontana quella mattina del 25 agosto 2019 quando il congresso elettorale del Ppd applaudì - anzi, benedì - l’alleanza col Plr in vista delle federali e tributò uno spellamento di mani al candidato liberale radicale agli Stati Giovanni Merlini, prima di dedicare un commosso ricordo a Luigi Rossi. Poi le cose andarono diversamente da quanto auspicato: il gioco delle crocette, compreso o sfruttato, portò al defenestramento dall’Assemblea federale sia di Merlini, sia di Filippo Lombardi. E quanto sembrano lontani i tempi del Triciclo, delle intese discusse tra un boccone e l’altro. Già. È che le alleanze evaporano quando di mezzo ci sono delle poltrone, e prima di discettare di Platone e Aristotele occorrerebbe ricordare il ministro italiano Rino Formica quando ebbe a dire, decenni fa ormai, che la politica è ‘sangue e merda’. Gli accordi saltano, la parola non conta, la spregiudicatezza viene premiata e il bianco diventa nero come per magia. Forse sono finiti i tempi del fioretto e sono (ri)cominciati quelli della spada, e quando un presidente di partito dice che vuole prendere in mano il boccino dell’attualità andrebbe ascoltato e capito non tanto per l’affermazione. Ma per quello che c’è tra le righe. Che spesso, molto spesso, è più importante.