Nonostante le vicissitudini societarie i bianconeri hanno trovato continuità e ottenuto il loro record di punti, ora bisogna puntellare senza distruggere
Alzi la mano chi, a inizio stagione, si sarebbe aspettato di vedere a Natale un Lugano quarto in Super League con un bottino record di 30 punti in 18 partite (dal ritorno nella massima serie nel 2015 il massimo erano stati i 24 toccati nella passata annata, mentre la media delle prime sei stagioni nell’élite dei bianconeri si attesta a quota 20) e a rispettivamente due e tre lunghezze da corazzate come Young Boys e Basilea, per non dire a dieci dalla vetta della classifica occupata dal sorprendente Zurigo. O ancora, con un margine così ampio sulla zona retrocessione, ossia 18 punti sul Losanna penultimo (e quindi candidato allo spareggio con la seconda di Challenge) e 19 sul fanalino di coda Lucerna. Anche in questo caso, parliamo di un primato e pure piuttosto netto, ben superiore al secondo divario più ampio sulle ultime due della classe toccato, con 7 punti, a metà della stagione 2019/2020 (la media di tutte le annate esclusa quella in corso si attesta su un misero +3). Senza dimenticare la Coppa Svizzera, obiettivo che è sempre stato tra i principali di Angelo Renzetti e che anche il nuovo corso ha individuato quale contesto ideale per placare l’immediata fame di trionfi sbandierata sin dal primo giorno. E se è vero che l’appetito vien mangiando, i quarti di finale raggiunti (tra l’altro eliminando l’Yb negli ottavi) nell’ex trofeo Sandoz, con la prospettiva di giocarsi un posto in semifinale il prossimo 10 febbraio a Thun (solo quinto in Challenge League) e con le big come appunto i campioni svizzeri, il Basilea, il Sion e il Grasshopper (queste ultime tre le più titolate in Coppa) già esclusi dai giochi, l’occasione di andare fino in fondo appare davvero ghiotta.
Decisamente tanto per le aspettative anche del più ottimista dei tifosi bianconeri, anche se parlare di sorpresa non è del tutto appropriato. Sì perché a ben guardare, la crescita del club sottocenerino è sotto gli occhi di tutti: sette stagioni ininterrotte nella massima lega del calcio svizzero, considerando da dove arrivava il piccolo Lugano guidato da un uomo solo (Renzetti) al comando, parlano da sole. A maggior ragione se si pensa che in sei anni i bianconeri hanno davvero rischiato grosso forse solo nel primo campionato, quello targato Zdenek Zeman, con sì una finale di Coppa raggiunta (e persa contro lo Zurigo) ma anche con il penultimo posto un punto sopra gli stessi tigurini retrocessi (lo spareggio non era ancora stato reintrodotto). Poi, due clamorosi terzi posti con tanto di accesso all’Europa League inframezzati dall’ottavo rango senza troppo patemi del 2018, il quinto due stagioni or sono e il quarto nella scorsa. Già, quarto, come la posizione occupata attualmente e che rispecchia anche la classifica dell’anno solare 2021, che è forse il dato più significativo in quanto esprime uno dei concetti forse più importanti e preziosi sia a livello sportivo che societario: continuità.
L’eccezionalità di quanto fatto dal Lugano sta proprio qua, nell’essere riuscito a ripetersi, anzi addirittura a migliorarsi, in una stagione anomala e per certi versi destabilizzante come questa. E non parliamo (solo) del Covid, ma di tutto quello che è successo attorno e nella società. Come dimenticare che solo a inizio giugno, il club era praticamente nelle mani di Thyago Rodrigo De Souza, fantomatico imprenditore brasiliano rivelatosi poi inaffidabile nel giro di qualche settimana, giusto il tempo delle verifiche da parte della Swiss Football League, ma non abbastanza in fretta da evitare l’arrivo a Cornaredo del tecnico carioca Abel Braga e di elementi decisamente poco funzionali alla causa (ma dal contratto pesante) quali Demba Ba, Luis Phelipe e Yuri. La società era quindi tornata a un Renzetti esasperato dalla vicenda e da anni di salti mortali per far quadrare i bilanci, nonché ulteriormente indebolito finanziariamente da quanto capitato, con la prospettiva di una stagione di pura sopravvivenza (e non osiamo immaginare come sarebbe andata a finire) scongiurata solo da quello che in molti, anche all’interno della società stessa, hanno definito un vero miracolo e una bella botta di fortuna (per non dire altro), arrivata peraltro in extremis: l’avvento del gruppo guidato dal miliardario statunitense Joe Mansueto, che con persone centrate e competenti al comando – alcune, come Michele Campana, già c’erano, altre quali Georg Heitz, il Ceo Martin Blaser (entrambi scuola Fc Basilea) e il direttore sportivo Carlos Da Silva portate dalla nuova proprietà – hanno rimesso in carreggiata il club e iniziato a plasmarlo con interventi decisi ma mirati, volti a un’evoluzione sia sportiva sia societaria, senza tuttavia commettere l’errore di entrare a piedi pari e rompere l’equilibrio tanto prezioso trovato a Cornaredo negli ultimi anni.
Non è una caso se esonerato Braga (che nemmeno così male aveva fatto, ma appunto scelto per il progetto di qualcun altro), si è deciso di giocare in casa puntando su Mattia Croci-Torti, probabilmente colui che meglio conosce la realtà dello spogliatoio luganese. Una scelta intelligente e rivelatasi fin qui vincente, proprio perché non potendo rivoluzionare tutto di punto in bianco (non avrebbe avuto senso ma non è nemmeno mai stata l’intenzione del nuovo corso) la via più sensata da percorrere era appunto quella della continuità. Poi, il “Crus” e i suoi ragazzi ci hanno messo decisamente del loro. Il 39enne momò è stato bravo a passare dal ruolo di assistente e sorta di figura “amica” per i giocatori ad allenatore capo giocoforza più distaccato dalla squadra, ma senza creare una spaccatura, anzi, sfruttando quel sottile filo creato negli anni per gestire al meglio le dinamiche dello spogliatoio. E si è pure dimostrato molto preparato dal punto di vista tattico-tecnico, con l’approfondita conoscenza oltre che dei suoi giocatori anche degli avversari che gli ha permesso di trovare, anche con coraggio, quasi sempre delle soluzioni appropriate. Tanto che nelle quindi partite con lui in panchina, il Lugano ha ottenuto nove vittorie, tre pareggi e solo tre sconfitte.
Allo stesso modo, i giocatori sono stati bravi a seguirlo e come accennavamo in precedenza, a non farsi distrarre e destabilizzare da tutto quanto capitava loro attorno, votazione sul Polo sportivo e sul nuovo stadio compresa. Ne è emerso un gruppo che forte ormai di qualche stagione passata assieme, si è mostrato più coeso e unito che mai, colmando proprio grazie a queste qualità la differenza tecnica che ancora c’è con le migliori (a ricordarlo il solo punto conquistato nelle sei partite disputate con chi li precede in classifica, ossia Zurigo, Basilea e Young Boys). E non è nemmeno casuale trovare tra i giocatori più utilizzati della Super League diversi bianconeri, quali ad esempio Sabbatini (con 1589 minuti giocati su 1620, sesto nella speciale classifica e secondo giocatore di movimento), Lavanchy (1534), Daprelà (1513), Ziegler (1500), Lovric (1371) e Custodio (1194). Elementi che hanno tirato il carro ma ai quali all’interno della rosa Croci-Torti ha faticato a trovare alternative di pari livello.
E proprio lì – così come nella ricerca di un vero bomber, perché il fatto che il centrale Ziegler sia il miglior marcatore della squadra con 4 reti è tutto dire – si concentrerà il lavoro sul mercato invernale, che ha già portato a Cornaredo i centrocampisti Ignacio Aliseda (21enne argentino dai Chicago Fire) e Maren Haile-Selassie (22enne rossocrociato dallo Xamax) ma che non dovrà stravolgere gli equilibri di un gruppo che ha dimostrato di meritarsi la fiducia della società. Un concetto tanto caro anche a mister Croci-Torti e che gli stessi dirigenti sembrano aver capito bene, consci che anche in punta di piedi posso dare al club la direzione desiderata. E chissà che con il giusto mix tra umiltà e ambizione, quella che è stata fin qui una mezza impresa (ma non una sorpresa), già a maggio non sarà completa.