L'analisi

Il governo italiano e le grandi operette

Secondo Salvini "qualcosa si è rotto" nella coalizione fra Lega e Cinquestelle. Ora rimpasto o crisi definitiva.

(Keystone)
8 agosto 2019
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Il voto di ieri sulla Tav appare a prima vista secondario: la mozione del Movimento 5 Stelle – storicamente contrario – non era vincolante per il governo, il cui presidente Giuseppe Conte si era già dichiarato favorevole a proseguire l’opera. Ma lo scontro in Senato ha ufficializzato una spaccatura ben più ampia fra grillini e leghisti, che già investe temi centrali come l’autonomia regionale, le tasse, la sicurezza e la giustizia. Gli osservatori si affrettano quindi a contare i giorni che mancano prima di una crisi. Anche se nulla è sicuro.

Di certo far cadere Conte non è nell’interesse dei Cinquestelle, che si vedrebbero massacrati alle urne. Anche per questo la mozione parlamentare suonava come un escamotage: senza sfidare direttamente il governo, l’M5S ha potuto giocare alla coerenza incolpando della sconfitta i parlamentari di Lega e Pd, e prendere tempo. Ora potrebbe ancora offrire qualche ministero alla Lega e rinunciare in primis al contestato ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, ma forse partiranno anche Tria (Economia) e Trenta (Difesa). Pur di tirarla lunga almeno per qualche mese.

Sta a Matteo Salvini vedere il bluff grillino; potrebbe convincersi che è ora di chiudere la stagione gialloverde. Tanto più che il 9 settembre si voterà una riforma elettorale per ridurre il numero di parlamentari: l’eventuale referendum che ne seguirebbe, insieme alla ridefinizione dei collegi, rischia di fare slittare il voto di altri sei mesi (col rischio per giunta di una nuova legge elettorale meno favorevole per il ministro dell’Interno). “Qualcosa si è rotto”, ha detto ieri durante uno dei suoi comizi balneari, col broncio del maritino deluso.

Però più di una volta Salvini ha evitato di scaricare l’acciaccato Di Maio quando avrebbe potuto. Perché? Gli enigmisti parlamentari s’arrovellano: secondo alcuni ha paura che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli neghi le urne e cerchi piuttosto di rabberciare un governo con M5S e Pd (ipotesi temeraria per un uomo delle istituzioni così attento a non forzare la mano). Secondo altri teme che nuove rivelazioni sui finanziamenti russi ne brucino la popolarità a un passo dal voto (ipotesi complottista). Chissà.

Per ora quella che si prospetta è un’altra fase caotica, per giunta con una nuova manovra finanziaria ancora da decidere. Dalle grandi opere alle grandi operette.