Il ruolo che può giocare la Confederazione in questa fase del conflitto può essere rilevante, l'incontro tra Lavrov e Cassis non è un caso
Porsi come parte attiva nel mantenere aperti tutti i canali diplomatici e di dialogo possibili: è quanto dovrebbe fare la Svizzera. La tragedia russo-ucraina è entrata in una nuova pericolosa fase ed è purtroppo diventato necessario prepararsi a scenari ancora peggiori di quelli attuali. Dopo il recente summit Nato di Washington l’Occidente ha cambiato tattica con l’obiettivo di pressare il Cremlino verso una qualche soluzione negoziale, forse entro fine dicembre, certamente prima che cambi l’inquilino alla Casa Bianca. Così si osservano una super escalation militare da una parte, ma contemporanee aperture diplomatiche dall’altra.
Come l’Amministrazione Biden ha aspettato fino al dicembre 2023 per approvare sanzioni finanziarie pesantissime che stanno mettendo in grave imbarazzo l’intera economia russa, adesso si è passati alle armi. Il punto centrale, secondo gli americani, è mostrare ora a Putin che Mosca non può vincere sul campo di battaglia, come il capo del Cremlino ha pensato in inverno, quando sembrava che il fronte ucraino potesse cadere. La Russia mira a un lungo conflitto nella speranza che il campo occidentale e l’Amministrazione Zelensky si sfaldino. I leader del G7, invece, spingono per chiudere al più presto questo dramma. Non siamo ancora al momento in cui le parti inizieranno ad alzare la posta all’infinito come tradizionalmente fanno i russi, ma la tensione è destinata a salire.
Il ruolo che può giocare la Confederazione in questa fase può essere rilevante e non è un caso che il 16 luglio a New York vi sia stato l’incontro tra i ministri degli Esteri Lavrov e Cassis. Tralasciando le interpretazioni filosofiche del concetto di neutralità (con annesse opposte sensibilità), sarebbe bene evidenziare che, per secoli, la Svizzera ha legato il suo agire internazionalmente alla pace. E poi è universalmente noto che la Croce Rossa è stata fondata proprio in Svizzera.
La Confederazione può contare su argomenti fondamentali. Primo: malgrado la questione sanzioni, Berna continua a mantenere la rappresentanza degli interessi della Russia in Georgia dopo il conflitto del 2008. Secondo: la Svizzera ha a disposizione Ginevra come luogo riconosciuto globalmente per dirimere le dispute tra Stati. Terzo: la forte presenza di capitali russi nelle banche elvetiche. Quarto: Ginevra è stata una delle piazze in cui i russi hanno commercializzato il loro petrolio. Quanti altri Paesi hanno a disposizione queste carte?
È evidente che il primo passo da raggiungere in Ucraina è un cessate il fuoco con la capacità di garantire alle parti in causa il controllo del rispetto di clausole come, ad esempio, la non ridislocazione di truppe e armi. Un qualsiasi negoziato dovrà definire una “road map” con al centro soluzioni per aree tematiche (come parzialmente si sta già facendo): sicurezza atomica; canali marittimi del grano; questioni ecologiche; sminamento. E tanto altro. I nodi legati al controllo dei territori e all’architettura geopolitica globale andrebbero affrontati successivamente anche se il Cremlino li pone per primi. La tiepida risposta di Mosca all’apertura di Zelensky di partecipazione al prossimo “summit della pace” va capitalizzata. Chissà! Non è che anche il Cremlino sia preoccupato di chi sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca?