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La giustizia, Israele, l’Occidente

Netanyahu e i suoi si arroccano sulle loro posizioni tacciando chiunque contesti le loro azioni di antisemitismo, Ma la Cpi ha fatto solo il suo dovere

In sintesi:
  • Tel Aviv continua a fare distinguo con Hamas, ma se un civile viene massacrato da un terrorista o da un ‘democratico’, la gravità è la stessa
  • Vista dal ‘sud globale’ la procedura avviata dalla Cpi non può apparire che come un gesto di riequilibrio di un sistema giudiziario che ha finora perseguito soprattutto i despoti africani
Netanyahu indossa l’elmetto
(Keystone)
24 maggio 2024
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La vera posta in palio? La credibilità della giustizia su scala globale. La richiesta del procuratore capo della Corte penale internazionale, il britannico Karim Khan, di incriminare tre leader di Hamas, il premier e il ministro della Difesa israeliani, ha suscitato un’incontenibile valanga di indignazione, molto prossima all’intimidazione, da parte di Israele e di qualche suo alleato, a cominciare dagli Stati Uniti (“oltraggiosa” l’ha definita Joe Biden).

I leader islamisti (tra cui Sinwar capo militare e Haniyeh capo politico) devono rispondere di crimini come lo sterminio, l’omicidio e lo stupro. Si tratta del primo riconoscimento formale internazionale del pogrom del 7 ottobre. Ma tutti, anche in Israele, sembrano ignorarlo. Perché la polemica riguarda unicamente l’altro fronte, quello che si vanta di aver “l’esercito più morale del mondo” e di essere “l’unica democrazia” della regione. Assieme a Gallant, Netanyahu è accusato di “sterminio, persecuzione di civili, di aver utilizzato la fame come metodo di guerra”.


Keystone
La Corte dell’Aja

Khan chiede dunque ai giudici della Cpi di spiccare un mandato di cattura internazionale: nelle prossime settimane sapremo (ma l’ipotesi è molto probabile) se il premier e Gallant si ritroveranno idealmente sul banco degli imputati accanto ai loro crudeli nemici e all’altro criminale eccellente, Vladimir Putin.

Il volto cupo e sbiancato, le sembianze da beccamorto, gli occhi diventati neri come tizzoni, il premier israeliano ha ruggito la consumata tiritera: “È antisemitismo”. Dopo di lui sugli schermi sono baluginati altri leader dello Stato ebraico, unanimi nel condannare la Cpi. Gli ha fatto eco il ministro italiano degli Esteri Tajani sintetizzando l’indignazione: “La Cpi ha equiparato un governo legittimamente eletto dal popolo con un’organizzazione terroristica”, confondendo così smaccatamente politica e giustizia.

La Corte giudica in effetti gli atti, non la natura di chi li commette. Se un civile viene massacrato da un terrorista o da un “democratico”, la gravità del reato è ovviamente la stessa. L’Unione europea ha coerentemente sottolineato il rispetto per l’indipendenza della giustizia internazionale. La richiesta di un mandato di cattura avviene in uno dei peggiori momenti per Israele, sempre più isolato su scala internazionale: furibonda la sua reazione alla decisione di Irlanda, Spagna e Norvegia di riconoscere, come altri 140 Paesi (su un totale di 193) lo Stato palestinese. Il governo Netanyahu si sente pugnalato alle spalle: consumato vittimismo e plateale incoerenza considerando che Tel Aviv (che non vuole saperne dello Stato palestinese) imputa ad Hamas proprio il mancato riconoscimento del diritto a uno Stato per il popolo ebraico.


Keystone
Manifestante pro-Palestina fuori dalla Corte dell’Aja

Vista dal “sud globale” la procedura avviata dalla Cpi non può apparire che come un gesto di riequilibrio, seppur tardivo, di un sistema giudiziario che ha finora perseguito soprattutto i despoti e tagliagole africani, ignorato i crimini commessi dalle potenze dell’area occidentale (uno su tutti, la “madre di tutte le guerre mediorientali”, la devastante invasione americana in Iraq nel 2003). Tre Paesi del Consiglio di Sicurezza (Russia, Usa, Cina) non hanno aderito allo Statuto di Roma (alla base della Cpi) ed è improbabile che vedremo un giorno in manette all’Aja Netanyahu (così come Putin), ma la richiesta di Karim Khan è di quelle che riconciliano con una giustizia internazionale imparziale quanto necessaria.