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Allargare la guerra, obiettivo stragista

Le bombe di Kerman rivendicate dall’Isis sembrano corrispondere ai calcoli di chi non teme o addirittura spera in un conflitto che vada oltre Gaza

In sintesi:
  • Non solo Isis, ci sono piste legate alle minoranze interne
  • E resta il nodo, irrisolvibile, nei rapporti con Israele
Il momento della prima esplosione a Kerman
(Keystone)
5 gennaio 2024
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“Strage dell’Isis”. Prima ad affermarlo, la magistratura iraniana. Non proprio affidabilissima. Poi, con sorprendente ritardo, un messaggio di rivendicazione dello stesso Stato islamico, cioè di quello che ne rimane, piccole formazioni jihadiste ancora operative fra il Tigri e l’Eufrate. Strana procedura per un gruppo terroristico che solitamente si attribuisce gli attentati più spettacolari, a volte anche non suoi. Escludere che sia una firma autentica naturalmente non si può, anche se nel caos vicino-orientale certe auto-attribuzioni sono scritte con l’inchiostro “simpatico”, cioè invisibile. E chissà che non sia così anche per la strage di Kerman, dove due ordigni, forse due kamikaze, hanno falciato la folla (84 morti) che celebrava il quarto anniversario della morte di Qassem Soleimani, generale eroe dei pasdaran, ucciso da un drone americano che così eliminò l’ artefice dell’impalcatura regionale in gran parte di marca sciita necessaria alla teocratica dittatura post-khomeinista per consolidare la sua influenza (armata e no) nella regione: dall’Iraq alla Siria, dal Libano allo Yemen, fino a Gaza. Con triplice funzione: reggere lo scontro con l’Arabia Saudita, potente concorrente dell’Islam maggioritario e sunnita; impedire che lo stesso regno wahabbita entri nel processo di pace fra i principati arabi del Golfo e Israele; e predisporsi nella prospettiva concreta di un possibile conflitto anche militare con “l’entità sionista”.


Keystone
Terrore e lacrime sui volti dei sopravvissuti

Già questo elenco ci segnala quanto numerosi siano i nemici esterni degli ayatollah, che per questo si sono allineati a Russia e Cina, indispensabili per alleggerire, attraverso anche importanti scambi commerciali (Pechino acquista petrolio iraniano a prezzi stracciati) la pesante fattura delle sanzioni economiche occidentali.

I successori di Khomeini hanno comunque altri rivali, interni. Che si trovano nelle minoranze etniche, e che potrebbero essersi radicalizzati. Schegge impazzite delle comunità curda, turcomanna, baluci, anch’esse vittime della repressione nel magma delle proteste che si sono agganciate alla contestazione del movimento delle donne. Ipotesi, questa, relativamente fragile: passare alla violenza e addirittura alla lotta armata fornirebbe alla Repubblica islamica uno strumento insperato per compattare la maggioranza della popolazione, ostile a movimenti autonomisti già accusati di agire contro l’unità della nazione. Restiamo dunque all’ipotesi Isis, che una motivazione immediata l’avrebbe nel fatto che proprio Soleimani era stato, con l’invio di migliaia di Pasdaran a sostegno del siriano Assad, uno dei principali artefici della sconfitta dell’auto-proclamato neo califfo Al Baghdadi. Il che toglie agli ayatollah la preoccupazione di accusare direttamente Israele della mattanza di Kerman; tanto più che nel bollettino di rivendicazione i sunniti dell’Isis associano nella condanna anche i palestinesi fiancheggiatori dell’Iran sciita. Dunque Hamas. Ulteriore complicazione del quadro regionale.


Keystone
Un bimbo iraniano calpesta la bandiera di Israele

Sta di fatto che le esplosioni di Kerman sembrano comunque corrispondere ai calcoli di chi opera per l’allargamento della guerra di Gaza. E lo stesso risultato potrebbero avere gli omicidi “mirati” di marca israeliana contro i responsabili del 7 ottobre. Il Mossad non è uno specialista. Il problema è che non una di queste numerose uccisioni selettive ha mai disinnescato la miccia. Problema di vuoto politico, esclusivo uso della forza, negazione israeliana dei diritti palestinesi, ambiguità di Netanyahu. Rosario di una soluzione impossibile. Perché irresponsabilmente né cercata né voluta.