laR+ IL COMMENTO

Il Regno Unito rischia di dover imparare dall’India

Ha un po’ il sapore della beffa la decisione di Rishi Sunak, primo ministro britannico, di fermare lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria

In sintesi:
  • Un progetto definito “incontrollabile” dal profilo dei costi preventivati
  • Per indorare la pillola citate le mutate abitudini dei cittadini a seguito della pandemia
  • Una serie vorticosa di avvicendamenti non ha contribuito a dare stabilità al sogno
(Keystone)
8 novembre 2023
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Se c’è stato un lato positivo del colonialismo britannico, in India, questo è senz’altro da ricondurre alla diffusa rete ferroviaria, costruita durante tutto il periodo in cui il subcontinente è stato governato da emissari della Corona. Ha, di conseguenza, un po’ il sapore della beffa la decisione di Rishi Sunak, primo capo del governo di origine indiana del Regno Unito, di fermare lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria inglese. O meglio della High Speed 2, prevista nel Nord dell’Inghilterra, nella tratta tra Birmingham e Manchester, due località che costituiscono il polmone economico del Nord Ovest di quella regione della Gran Bretagna. Un progetto che Sunak ha definito “incontrollabile” dal profilo dei costi preventivati, passati da 37,5 miliardi di sterline a 100, nel decennio tra il 2009 e il 2020.

Per indorare la pillola il premier conservatore ha citato, tra le altre cose, le mutate abitudini dei cittadini a seguito della pandemia. Nel senso che, grazie all’home working, la gente usa meno i treni per gli spostamenti di lavoro. In realtà il Tgv inglese era partito con velleità faraoniche, durante il governo laburista di Gordon Brown. Il cui ministro dei Trasporti, Andrew Adonis, vagheggiava un supertreno simile al giapponese Shinkansen, in grado di toccare i 360 chilometri orari e con frequenze mozzafiato: 18 convogli all’ora in partenza da Londra. Tanto per fare un paragone, Trenitalia mette sui binari, quotidianamente, 190 Frecciarossa, mentre la Sncf ben 750 Tgv nell’intera Francia.

I critici dell’alta velocità inglese hanno storto il naso da subito di fronte al progetto di Adonis argomentando, com’è stato il caso per lo specialista dei trasporti Stephen Glaister, che le città inglesi sono troppo vicine l’una con l’altra per giustificare dei collegamenti con treni veloci. Fatto sta che i preventivi dell’opera, in parte a causa dell’inflazione, in parte per le molteplici richieste di modifica del tracciato degli ambientalisti, tra cui figurano, pure, dei difensori dei pipistrelli, ostili all’abbattimento di alberi che facevano da culla a quella specie, sono esplosi. Anche considerando il fatto che, dal 2009 a oggi, si sono alternati al governo di Sua Maestà ben 8 ministri dei Trasporti. Una serie vorticosa di avvicendamenti che non ha per nulla contribuito a dare stabilità al sogno dell’alta velocità ferroviaria inglese. Di cui oggi rimane solo la tratta Londra-Birmingham di 134 miglia, che entrerà in funzione tra il 2029 e il 2033; 134 miglia delle quali 31 di gallerie e 10 di viadotti, per un costo stimato tra i 35 e i 45 miliardi di sterline.

Rishi Sunak, la cui decisione di tagliare l’alta velocità rischia di aggiungere un’ipoteca negativa sui risultati dei Conservatori, alle elezioni del maggio prossimo ha promesso, per tamponare la critiche, di investire 36 miliardi di sterline nell’ammodernamento della rete ferroviaria restante. Una rete che, in non pochi casi, non è neppure elettrificata, oltre a soffrire di un eccessivo affollamento di passeggeri. Insomma, tornando alle origini del primo ministro possiamo dire che, almeno dal punto di vista ferroviario, tra un po’ il Regno Unito rischia di dover imparare dall’India. Ovvero il maestro dall’allievo, visto che il primo treno veloce indiano arriverà prima di quello britannico.