laR+ IL COMMENTO

Israele, la morale e l’odio

Il massacro degli innocenti orchestrato dai fondamentalisti islamici voleva impedire l’avvicinamento in corso tra lo Stato ebraico e l’Arabia Saudita

In sintesi:
  • La sconfitta morale per Tel Aviv è dietro l’angolo
  • La responsabilità del premier israeliano è lampante
  • Ci voleva una guerra per farci dimenticare un’altra guerra
Violenza chiama violenza, strage chiama strage
(Keystone)
16 ottobre 2023
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In preda a una devastante furia omicida per aver perso il suo amico Patroclo, Achille uccide tutti i troiani che incontra. Una carneficina che disgusta addirittura il fiume Scamandro: ormai gonfio di cadaveri si ribella, tracima e cerca di far annegare l’eroe acheo.

L’escalation delle rappresaglie israeliane nella striscia di Gaza sembra aver riportato le lancette dell’orologio della storia ai tempi di Caino. Il libro XXI dell’Iliade ci presenta il grande guerriero omerico come un abominevole vendicatore. Achille, l’eroe, si trasforma in un massacratore. Violenza chiama violenza, strage chiama strage. Israele legittimata a difendersi dai pogrom dei tagliagole di Allah, sembra caduta nella trappola tesa dai terroristi, avviando un’offensiva che assume i contorni di un’accecante vendetta. La sconfitta morale per lo Stato ebraico è dietro l’angolo: è l’obiettivo a cui miravano Hamas e i suoi sponsor iraniani.

Ci voleva una guerra per farci dimenticare un’altra guerra, quella scatenata da Mosca in Ucraina. Il mondo sembra impazzito, eppure l’esplosione di terrore ha sempre una sua logica. Il massacro degli innocenti orchestrato dai fondamentalisti islamici voleva impedire l’avvicinamento in corso tra Israele e l’Arabia Saudita, terra del profeta Maometto. Un’intesa avrebbe siglato l’happy end del lungo cammino di pacificazione regionale iniziato nel 1978 con l’intesa di Camp David tra Egitto e Israele. Pace sì, ma come nel caso degli accordi di Abramo voluti dal tandem Trump-Netanyahu, a scapito dei palestinesi, considerati ormai alla stregua di una subumana “quantité négligeable”.

Lo si è giustamente sottolineato: la responsabilità del premier israeliano e dei fanatici che ha cooptato nel suo governo, è lampante. Quasi avessero proceduto a braccetto con Hamas per cancellare i moderati dell’autorità palestinese attaccandoli su due fronti. L’incessante colonizzazione ha trasformato la Cisgiordania in una triste landa a macchia di leopardo, dove l’esplosione del numero degli insediamenti illegali rende ormai illusoria qualsiasi soluzione che rispetti il diritto internazionale e la dignità degli occupati. Una responsabilità che non giustifica certamente la carneficina del 7 ottobre, come invece sembrano pensare non pochi manifestanti scesi nelle piazze europee per i quali “un buon ebreo è un ebreo morto”. Eppure come scrive il britannico The Guardian in un appello agli “utili idioti” dell’islamismo radicale, “potete condannare le atrocità di Hamas anche se difendete la causa palestinese”. Odio chiama odio: “Da solo genera le cause che lo fanno nascere, se si addormenta il suo non è mai un sonno eterno”, scriveva la poetessa polacca Szymborska.

Antony Blinken ha trovato le parole giuste per ammonire l’alleato israeliano: contrariamente ai terroristi, le democrazie sono chiamate a fare di tutto per salvare le vite umane. Nessuna soluzione in vista: la perversa strategia di Hamas, massacrare gli innocenti e poi nascondersi tra i civili, lascia poche alternative militari a Israele. Ma se Tel Aviv non vuole perdere la battaglia morale, non può rimanere sorda alle parole del segretario di Stato americano e ignorare il diritto umanitario. Lo storico Simon Schama ci ricorda il messaggio del Deuteronomio (il quinto libro della Bibbia): “Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza”.