Il primo ministro olandese ha annunciato di voler lasciare la politica. Nel 2024 però potrebbe essere di ritorno per le elezioni europee
Mark Rutte lascia la politica, per il momento almeno quella olandese. Il primo ministro liberale di destra al potere dal 2010 è uno dei personaggi più in vista e più sperimentati della scena europea. Noto anche per essere il leader dei cosiddetti ‘Paesi frugali’ – oltre all’Olanda, Austria, Svezia e Danimarca – che da un buon decennio guardano con sufficienza alle nazioni dell’Europa del Sud, ritenute incapaci di tenere i loro conti in ordine, considerate un peso per l’Ue e, proprio per questo, prese di mira con attacchi impietosi. Del “superiority complex” dei Paesi frugali fa regolarmente le spese l’Italia, parentesi Draghi a parte, mentre la Grecia, accusata di aver truccato i conti per diventare euro-compatibile, soffre ancora oggi il regime a pane e acqua cui è stata sottoposta per diversi anni dalla Troika, ovvero dalla Commissione europea, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale. Con il premier olandese ora dimissionario che, nel 2015, sposava l’espulsione di Atene dall’Euro se non avesse adottato una profonda politica di riforme economiche.
Cinquantasei anni, alla testa del suo quarto governo, una coalizione di centro-destra con venature religiose, Rutte è inciampato su di un tema divisivo come quello della politica d’asilo. ‘Teflon Mark’, come viene soprannominato per la sua inossidabilità, sosteneva il principio di un irrigidimento delle quote di profughi – non più di 200 al mese cui sarebbe stato consentito di raggiungere l’Olanda dai Paesi in guerra. Uno sbarramento che avrebbe riguardato anche i bambini e al quale metà della coalizione guidata da Rutte, espressosi a favore del pugno duro, non se l’è sentita di aderire. Così è caduto il suo governo.
Il Re è tornato precipitosamente dalle vacanze in Grecia per gestire la crisi e indire le elezioni anticipate, previste in autunno. Fino a domenica scorsa si pensava che l’uscente Rutte, opposto alla leader del Partito dei contadini, Caroline van der Plas, su posizioni anti-Ue, si sarebbe ripresentato con buone possibilità di farcela e, di conseguenza, di tornare alla guida dell’esecutivo. Invece lunedì 10 luglio l’annuncio: “Ho deciso di lasciare la politica”. C’è tuttavia chi ritiene che, ormai, l’Olanda gli stia stretta e che piuttosto guardi a Bruxelles dove, nel 2024, si terranno le elezioni europee. Rutte, insomma, potrebbe mirare al bersaglio grosso, ovvero al posto di presidente della Commissione, oggi occupato da Ursula von der Leyen. Il profilo politico giusto ce l’ha. È di centro-destra e pare non dispiaccia ai sovranisti, compresa Giorgia Meloni, con la quale ha di recente compiuto un viaggio a Tunisi per trovare una soluzione all’ondata di migranti provenienti dal Nordafrica. Aggiungiamo il fatto che si è sempre trovato in grande sintonia con Angela Merkel. Mentre per quanto riguarda l’esperienza di governo, è una buona spanna sopra la volonterosa Von der Leyen. Ma siamo, pur sempre, alle speculazioni.
Per il momento, quest’uomo alto oltre un metro e novanta, paragonato dall’Economist a un prete che prende troppa caffeina, che vive in un modesto appartamento e che, da buon olandese, continua a girare in bici per le strade dell’Aja, oltre agli affari correnti del suo dimissionario governo mantiene un unico impegno: il volontariato in qualità di insegnante di studi sociali in un liceo della capitale.