Mischiare piani e fatti di cronaca tirando fuori una facile morale da esibire sui social sembra la moda del momento. Ma così si resta solo in superficie
Com’è profondo il mare, che se ne frega delle miserie e delle aspirazioni umane e inghiotte indistintamente ricchi e poveri. E come restano invece pericolosamente in superficie i commenti di chi plana sulle tragedie altrui ricopiando – senza farsi troppe domande, come gli asini a scuola – i pensieri prêt-à-porter di chi campa sull’indignazione e passa con disinvoltura da un naufragio a un orso, da un assassinio a una guerra.
I capipopolo dell’era social mescolano tutto senza guardare, come nel peggiore dei cocktail, tanto mica lo bevono loro, ma i gonzi che condividono e che hanno sempre bisogno di dire qualcosa, ma non si sa cosa. Tanto vale prendere in prestito parole altrui – cesellate sempre con la medesima formuletta facile facile –, piene di enfasi eppure svuotate di significato.
Siamo alla riflessione veloce, sorella della lettura veloce di Woody Allen, quella che gli permetteva di leggere tutto “Guerra e pace” in venti minuti riassumendolo poi con “parlava della Russia”. Quella non era vera lettura, ma almeno era per ridere. E questa non è vera riflessione, eppure c’è chi pensa di fare sul serio.
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Un’immagine della tragedia del Titan
Non è pancia, perché non c’è quell’urgenza dettata dall’istinto, e non è cervello, perché manca un vero ragionamento: insomma decidete da voi da che parte del corpo esce quella robaccia. Tant’è che una volta partoriti, questi temini da primo banco delle elementari, questi “desidero la pace nel mondo” da finale di un concorso di Miss vivono di vita propria e saltano da una bacheca all’altra: a volte ricondivisi con il nome dell’autore in bella mostra, a volte riconfezionati con il cambio di una parola o due, tanto per firmarlo da sé e sentirsi degli originalissimi conformisti.
Succede sempre: ultimamente con il caso dell’orsa che ha ucciso un uomo in Trentino abbinato all’omicidio di Giulia Tramontano, la donna incinta barbaramente accoltellata dal fidanzato. La frase che spopolava, con minime variazioni, era: “Avete condannato a morte un orso per aver usato il suo istinto mentre volete libero l’assassino di Giulia”. Avete chi? Volete cosa? Un nonsense che sa di telefono senza fili 2.0, che i fili – evidentemente – ora li ha (visto che la catena funziona), ma al contempo non ha né capo né coda.
Il naufragio che è costato la vita a 700 migranti al largo della Grecia e la quasi contemporanea morte dei cinque danarosi occupanti del Titan hanno rimesso in moto i maître à penser in saldo online e tutto il loro codazzo dall’indignazione facile. Il ritornello è: “Perché si corre a salvare i ricchi e i poveri si lasciano morire?”, “perché si parla più del Titan che dei migranti?”.
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La barca affondata nel Mediterraneo con 700 persone
A parte che non è vero. E poi le cose – in un mondo di adulti – sarebbero, sono ovviamente più complicate di così. Dietro ai mancati salvataggi dei migranti, ad esempio, ci sono scelte politiche scellerate di governi votati (anche) da chi poi s’indigna. Denigrare (come è accaduto) gli ultramilionari del Titan è, oltre che ignobile, un torto che facciamo anche a noi stessi, che – con altri conti in banca – a volte ci permettiamo la casa, la vacanza o anche solo la cena dei sogni. Tra i loro sogni, a misura del loro portafoglio, c’era la visita del Titanic. Perché no?
Durante le nostre piccole, grandi gratificazioni non pensiamo certo continuamente a chi (non) salva migranti. Siamo egoisti? Certo, come tutti (chi più, chi meno). Ma questo non dovrebbe impedirci di provare empatia per gli uni e gli altri, senza mischiare i piani, perché non serve a niente, se non a chi confeziona questi stomachevoli messaggi di falsa umanità intinti nel livore, niente più che Baci Perugina del dolore.