laR+ il commento

L’unica cosa che conta

La Juventus patteggia, e con due soldi può ripartire senza troppi danni. Alla fine sta bene a tutti, ma è l'ennesimo schiaffo dei potenti alla giustizia

In sintesi:
  • Conviene a tutti la Juve in A, tv, sponsor, Lega, Figc, Uefa e persino avverari, che infatti tacciono
  • Se, come sembra, il problema sarà saltare un anno di Conference League, è quasi un sollievo per i bianconeri
  • Questo calcio ricorda il Monopoly, ma con responsabilità e soldi reali, anche se non sembrerebbe
Momenti duri per la Juve, ma poteva andare peggio
(Keystone)
2 giugno 2023
|

La Juventus, che si era illusa di risolvere tutti i suoi problemi economici con la Superlega, ha scoperto che talvolta non è vincere – come recita il tracotante motto della società bianconera – ma patteggiare, l’unica cosa che conta. D’altronde – anche se a un occhio distratto non sembrerebbe – patteggiare è un po’ come vincere, soprattutto se la giustizia sportiva ti offre la possibilità di una scappatoia a prezzi stracciati.

In “Venderò”, Edoardo Bennato, cantava “ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà”. Sappiamo però, al centesimo, quanto costa quella della Juventus: esattamente 718’240 euro, vale a dire spiccioli per una società abituata a maneggiare milioni. Tanto (o meglio, poco, meno di un mese di paga di Paul Pogba) è costato alla Juventus buttare sotto al tappeto l’indagine sulla cosiddetta “manovra stipendi”.

La “manovra stipendi”, è bene ricordarlo, è un raggiro finanziario talmente semplice che sembra uscito da un film di Totò. In pandemia i giocatori si impegnarono ufficialmente a rinunciare a 4 mesi di stipendio, ma in realtà rinunciavano a uno solo: gli altri venivano tolti dal bilancio per poi ricomparire in altre forme nelle tasche dei calciatori. Fatto grave reso ancor più grave dal fatto che la Juventus è quotata in Borsa: certe cose, che andrebbero fatte bene sempre, quando ti muovi entro certi vincoli andrebbero fatte anche meglio. E invece.


Keystone
L’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli

Ma andiamo al dunque, sennò poi sembra che il problema sia solo la Juventus, quando il problema sono tutti: la Federcalcio italiana, la Lega, l’Uefa, le tv con i diritti delle partite (più o meno garantiste a seconda del bacino d’utenza), la giustizia sportiva e anche le rivali storiche della Juventus, sempre pronte a urlare “vergogna” al primo rigore dubbio e poi zitte e buone davanti a questa serie di schifezze che avrebbero potuto eliminare, almeno per un po’, una contendente oggi incerottata, ma pur sempre temibile.

Alla Lega e al presidente della Figc Gravina (uno che è riuscito a dire che “il patteggiamento è il risultato più bello per il calcio italiano”) interessa una Juve in Serie A e depotenziata il meno possibile; lo stesso vale per le tv. In quanto agli avversari viene il sospetto che questo patteggiamento possa essere visto come un precedente che la giustizia non potrà più ignorare, aprendo così la porta ad altri conti truccati sanabili con un po’ di monete prese dal salvadanaio. Per quanto riguarda l’Uefa, la mano morbida in patria lascia molto margine di manovra a seconda di quanto i vertici europei vogliano colpire la Juve, che però fa comodo pure a loro dentro a qualche coppa. Insomma, tutti vogliono tutelarsi, salvarsi: eppure, a guardarli da fuori, non si salva nessuno.

Ma a parte l’implicita ammissione di colpevolezza, va ricordato che alla Juve è convenuto patteggiare perché dentro l’accordo c’erano i 10 punti già tolti per il caso plusvalenze: restano quelli, nessuno li toccherà più: insomma non potrà più accadere nulla di peggio. Come se dopo lo spavento per un incidente in auto scopri di essertela cavata con un paio di graffi. La Juve sa che al massimo, se l’Uefa si mettesse di traverso, salterà un anno di Conference League, una coppa che vale poco, sia economicamente che sportivamente (almeno per una società di quel livello), e che viene vista in casa bianconera più come un ostacolo che come un’opportunità.


Keystone
Allegri dice no

Insomma togliamoci dalla testa che la Juve sia perseguitata, o che – al contrario – abbia pescato un fortunato jolly, la famosa carta imprevisti “esci gratis (o quasi) di prigione” del Monopoly, inossidabile gioco che somiglia un po’ al calcio di oggi, con soldi finti, affaristi improvvisati, proprietà che passano improvvisamente di mano con la stessa facilità di un lancio di dadi e la certezza dell’impunità una volta richiuso il tabellone nella scatola.

No, la Juve non è stata fortunata. La Juve è ricca e potente. E a volte - non solo nel calcio - è questa l’unica cosa che conta.