laR+ il commento

Teatro delle ombre e ambiguità cinesi

Una delle espressioni artistiche più note e antiche del gigante asiatico può farci capire meglio le tattiche di Xi Jinping rispetto al resto del mondo

In sintesi:
  • L’alleanza senza limiti con Putin è davvero senza limiti?
  • Quanto pesa il recupero di Taiwan
  • Il ruolo dell’Europa e quanto vorrà smarcarci da Washington
Ombre cinesi, elemento fondante di una nazione
(Keystone)
11 aprile 2023
|

Il teatro delle ombre cinesi fu inventato oltre duemila anni fa, quando venne realizzato da alcuni cortigiani per rincuorare l’inconsolabile imperatore Han Wudi (80 a.C.) dopo la perdita della sua concubina preferita: la riprodussero con una statua di legno, proiettata nella semi-oscurità.

Arte carica di suspense e mistero che può forse aiutarci a intuire l’odierna politica internazionale di Pechino, che si snoda in una fitta penombra in cui non è semplice distinguere fra sostanza e tatticismi. Vale anche per la guerra in Ucraina. Sarebbe altrimenti arduo capire la recente e sorprendente intervista rilasciata al ‘New York Times’ da Fu Cong, ambasciatore di Pechino presso l’Unione europea.


Xi e Putin durante il loro ultimo incontro (Keystone)

L’alleanza ‘senza limiti’ con Vladimir Putin? “Il no-limits è soltanto un’espressione retorica, e non significa che la Cina stia dalla parte della Russia sulla questione ucraina”. Ma allora dove si colloca la Cina? Oppure il signor Fu… è già un “fu” ambasciatore, fulminato dalle saette dell’onnipotente Xi Jinping? No, non risulta epurato, le inattese affermazioni sono state di certo concordate col vertice, e nel “teatro delle ombre” segnalano anche dubbi e difficoltà di uno Xi alle prese non con un dilemma, bensì con un “trilemma”. Inevitabilmente non privo di ambiguità.

Il dilemma interno

Primo, il dilemma interno. Cioè fin dove spingere, in tempi di rallentamento produttivo e dopo le proteste popolari per la politica anti-Covid, la decisione di procedere a… gambero: allontanarsi dal ‘denghismo’ (modello imposto da Deng Xiaoping per lanciare il galoppante “capitalismo comunista”) per imboccare la strada di una sorta di “neo-maoismo” (ridimensionando la relativa libertà degli imprenditori privati, che garantiscono circa il settanta per cento della produzione nazionale). Secondo, il dilemma russo: a quale ritmo realizzare con Vladimir Putin il progetto di creare un blocco di contro-potere rispetto a quello delle “democrazie” a traino, influenza e imposizione statunitensi. La Cina non rinuncerà mai al recupero di Taiwan in nome della sua antica integrità territoriale.

Oggi a Xi fa gioco che la guerra in Europa assorba le energie americane distraendolo dall’Indo-Pacifico, ma non può sottovalutare le debolezze mostrate dall’alleato russo, di cui per potenza e forza finanziaria Pechino è ineludibile “senior partner”. Terzo: i rapporti economici con l’Occidente. Che, rispetto a Mosca, rimane di gran lunga primo nell’interscambio commerciale con la Cina. Pechino può permettersi di indebolirli ulteriormente?

La matassa

Ci vorrà tempo per capire se, quando e come l’“imperatore rosso” dipanerà la matassa. Dipenderà senz’altro anche dalle sorti della guerra in Ucraina; dalla tenuta occidentale; e pure dai tentativi dell’Europa (semplice velleità?) di rendersi più autonoma rispetto a Washington nel rapporto con Pechino.