Sta lasciando il Paese peggio di come l’ha trovato, in crisi e in guerra. Cosa sarebbe accaduto se Eltsin avesse scelto il liberale Nemtsov al suo posto?
Settant’anni e dimostrarli proprio tutti. Affaticato, gonfio in viso, con gli occhi spesso lucidi, Vladimir Putin è oggi l’ombra di quell’uomo aitante, rassicurante che ha fatto a lungo innamorare il popolo russo.
L’azzardo mal calcolato in Ucraina non lo fa di certo più dormire, e uscire dal vicolo cieco in cui il capo del Cremlino si è cacciato appare al momento impossibile. La sua è la parabola calante di un politico stanco, che ha causato l’espulsione della Russia dal mondo globalizzato e la sua retrocessione da potenza di riferimento mondiale.
Ma non solo. Le conseguenze di un tale disastro saranno pagate dalle future generazioni russe per anni. L’unica speranza è che la tragedia ucraina – le cui origini sono da ricercarsi nella mancata accettazione da parte delle anziane generazioni sovietiche del fallimento che sta alla base del crollo dell’Urss – non si trasformi in un qualcosa di peggio, ossia in una catastrofe planetaria.
Un momento di relax in Siberia (Keystone)
Francamente non siamo sorpresi che gli eventi volgano in questa direzione. Nell’autunno 2011, quando Putin volle a forza tornare al Cremlino – di fatto violando (meglio dire, facendo interpretare) la Costituzione a suo piacimento sulla questione dei due mandati presidenziali –, fummo delle Cassandre. Dicemmo a nostri conoscenti: "Lascerà il Paese in una situazione di molto peggiore rispetto a come l’ha ereditato, se non in rovina".
Allora la società civile scese in piazza a protestare, ma Putin pensò che fossero gli occidentali – Hillary Clinton e gli americani – a fomentare quelle manifestazioni. Invero i russi, dopo 74 anni terribili pieni di atrocità, orrori e privazioni, chiedevano finalmente di essere considerati delle persone, di essere rispettati dal potere, di essere liberi.
E invece no. L’impero, lo Stato forte, la Patria! E in ultimo: i valori tradizionali e l’ossessiva campagna contro gli "orientamenti sessuali non tradizionali".
"Putin è guerra", scrisse in un pamphlet Boris Nemtsov nel gennaio 2015, poche settimane prima di essere assassinato sotto alle mura del Cremlino subito dopo l’inizio della tragedia ucraina. Cosa sarebbe oggi la Russia se il primo presidente post-sovietico Boris Eltsin avesse scelto come suo successore nel 1999 lui, un liberale, considerato in quegli anni il suo "delfino" con ottime esperienze da vicepremier, e non a sorpresa lo sconosciuto Vladimir Putin, ex colonnello del Kgb, i servizi segreti sovietici?
Con Boris Eltsin (Keystone)
Dal 2012, il 7 ottobre è diventato ancor di più il giorno in cui la classe politica federale va a omaggiare lo zar. I media federali trattano il compleanno di Putin come uno degli eventi dell’anno. Sembra di essere tornati ai tempi del culto della personalità.
Noi, al contrario, preferiamo ricordare questa giornata per l’ennesimo anniversario dell’omicidio della dissidente Anna Politkovskaja, la cui voce libera fu spenta da un killer nel 2006. I suoi reportage dal Caucaso insanguinato durante i primi due mandati di Putin e gli articoli di denuncia contro i prepotenti di Russia sulla Novaja Gazeta – il foglio dei liberali, oggi chiuso dalla censura, il cui direttore Muratov è stato nel 2021 insignito del Premio Nobel – hanno fatto epoca.
Come Pietro il Grande o Caterina II? Mah! L’isolato Vladimir Putin rischia oggi solo di far saltare il banco.
Eltsin con Boris Nemtsov (Keystone)