Le protezioni pensate e finanziate dalle autorità sono calibrate per il bestiame minuto. Non per le mucche. Una sbranata nei Grigioni. Ed è polemica!
‘In bocca al lupo. Crepi il lupo’. Detti popolari, stereotipi, favole... lo vedono da tempo immemorabile vestire i panni del predatore cattivo, crudele, quasi demoniaco, anche compagno di streghe che ulula alla luna piena. In realtà, il lupo è un animale schivo, diffidente, soprattutto verso l’uomo, che tende a rimanere nascosto nel suo habitat. Ma molto dipende dai numeri. La sua presenza si moltiplica di anno in anno. Ufficialmente si contano in Svizzera 150 lupi (erano una decina nel 2010), almeno 15 branchi di cui almeno 6 nei Grigioni, dove la convivenza è molto molto difficile e la polemica divampa da giorni. La posta si è alzata notevolmente perché il branco del Beverin ha ucciso negli ultimi giorni su un alpe grigionese due mucche nutrici, una era in un recinto. La protezione non è servita a nulla. Le associazioni di agricoltori e alpigiani grigionesi hanno chiesto due giorni fa lo "stato di emergenza lupo" e che il branco venga ucciso. In questo momento mancano le basi legali per la soppressione immediata di uno o più capi del branco, anche se il numero degli animali da reddito uccisi ha già raggiunto la soglia massima. Coira spinge, Berna temporeggia, in un infuocato braccio di ferro estivo.
L’attacco a una mucca è una novità nei Grigioni. Prima era toccato a numerose pecore custodite dai cani pastore. Non vogliamo dire che una pecora valga meno di una mucca. Il punto è che le protezioni standard anti-lupo pensate e finanziate dalle autorità sono calibrate soprattutto per il bestiame minuto. Non funzionano per mucche, manzi e vitelli. Se diventano nuove prede dei lupi, risultano piuttosto indifesi. Inoltre mal tollerano i cani da protezione. Al dirlo in un approfondimento sulla Regione è il presidente dell’Unione contadini Omar Pedrini. Questo ovviamente sta mettendo in allarme molti contadini anche in Ticino. Chi è sugli alpeggi, come ci raccontano allevatori e pastori, ha rafforzato le misure di protezione per gli ovini, spendendo molti soldi. Si vive nella costante ansia di nuove predazioni. È finito il tempo delle pecore in quota che scorrazzano libere, anzi alcuni allevatori evitano addirittura di far salire gli animali al pascolo. Come ci conferma la Sezione agricoltura alcuni piccoli alpeggi non protetti non vengono più caricati a causa del lupo. La conseguenza alla lunga è l’inselvatichimento del paesaggio: un danno per il turismo e per l’economia di montagna.
Intanto, si moltiplicano cani da guardia (sono 250 in Svizzera), chilometri di recinzioni elettrificate, personale ausiliario, nuovi rifugi mobili per pastori sugli alpeggi più discosti. Sono tutte misure di emergenza finanziate dall’autorità per proteggere le greggi, non lasciare soli i contadini e favorire una possibile coesistenza col lupo, regolandone pragmaticamente la popolazione, senza minacciarne l’esistenza. Un equilibrismo non facile che sta mettendo a dura prova i nervi di politici, animalisti e allevatori. C’è chi a fine stagione tirerà le somme e deciderà se continuare o meno.
La via più saggia è aumentare la protezione degli animali (finché sarà economicamente sostenibile). Uno studio scientifico di KORA e Agridea ha dimostrato che l’uso di cani da guardia (poco amati dai turisti) riduce drasticamente le predazioni, mentre la regolamentazione dei branchi non ha avuto effetti evidenti. Il lupo non sparirà come per magia, il tempo delle fiabe è finito. Anche quello del pascolo libero.