laR+ IL COMMENTO

Riforma autorità di protezione, stallo politico indecente

Nonostante il mandato popolare (votazione del 2022) e l’appello dei presidenti delle Arp (giugno 2024), poco o nulla si è mosso

In sintesi:
  • Curatele, tutele, collocamenti e ricoveri a scopo di assistenza tra le misure a tutela del bene e degli interessi di adulti e minori vulnerabili
  • Cantone, Comuni e partiti si assumano le proprie responsabilità al cospetto dei cittadini: serve uno sforzo congiunto per uscire da questa impasse. Per istituire finalmente le Preture di protezione 
La domanda ancora senza risposta: quando si concretizzerà in Ticino il modello giudiziario?
(Ti-Press)
14 marzo 2025
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Trascorrono i mesi, anzi gli anni e poco o nulla si muove. Tra le riforme che in questo cantone stentano a decollare o non decollano affatto, ne spicca una: quella delle autorità di protezione. E ciò nonostante il chiarissimo mandato popolare alla politica scaturito dalle urne il 30 ottobre del 2022, quando quasi l’ottanta per cento dei votanti (un plebiscito) ha ancorato alla Costituzione ticinese il più che opportuno passaggio dal modello amministrativo al modello giudiziario: in altre parole, dalle Arp, le Autorità regionali di protezione, che fanno capo ai Comuni, alle Preture di protezione, con conseguente ‘cantonalizzazione’ del settore tutele e curatele. Pensavamo che la massiccia adesione dei cittadini al progetto proposto peraltro da Consiglio di Stato e Gran Consiglio spronasse Palazzo delle Orsoline ad attuare in tempi ragionevolmente brevi la nuova organizzazione. C’eravamo illusi.

Così come sembra caduto nel vuoto l’appello rivolto nero su bianco lo scorso giugno dai presidenti delle Arp al Gran Consiglio e al governo, e meglio ai dipartimenti Istituzioni e Sanità e socialità, ad accelerare sull’implementazione della riforma, e dunque delle Preture di protezione. Non solo. I presidenti segnalavano anche l’insufficiente dotazione di personale in servizi e strutture sociosanitarie di appoggio alle Autorità regionali di protezione, avvertendo che i risparmi/tagli praticati dall’ente pubblico rischiano di trasformarsi in pesanti costi sociali. Queste e altre le preoccupazioni che Danilo Forini ha tradotto qualche mese dopo in un’interrogazione parlamentare. Le risposte del Consiglio di Stato ai quesiti del deputato socialista non sono ancora pervenute.

È una situazione di stallo politicamente imbarazzante, per non dire indecente. Lo è agli occhi di coloro che nella votazione del 2022 hanno approvato il modello giudiziario, convinti del miglioramento della qualità delle decisioni a tutela di adulti e minori vulnerabili poiché prese da collegi composti da magistrati (i pretori di protezione) e da specialisti per esempio in psicologia e in pedagogia. È una situazione politicamente indecente soprattutto agli occhi di quelle persone, e dei rispettivi familiari, che necessitano di misure di protezione: curatele, tutele, collocamenti, ricoveri a scopo di assistenza, per citarne alcune. “I casi aumentano, così come aumenta la loro complessità”, ha ricordato di recente il giudice d’Appello Damiano Bozzini, alla testa della Camera di protezione, chiamata a deliberare sui reclami contro i provvedimenti delle Arp e a vigilare sul loro operato.

Il problema è finanziario. Si è tornati sull’argomento qualche giorno fa nella riunione della Piattaforma di dialogo Cantone-Comuni. Agli enti locali, riferisce una nota del Consiglio di Stato, il Dipartimento istituzioni ha fatto sapere che “sono al momento in fase di valutazione alcune possibili varianti, allo scopo di assicurare il finanziamento della nuova Autorità giudiziaria cantonale”, cioè la Pretura di protezione. Aspettiamo di saperne di più. Dalla politica sentiamo parlare, specie quando le casse sono messe male, di priorità. Che poi al lato pratico sono a geometria variabile, stabilite non di rado anche in funzione di interessi particolari. E allora i soldi si trovano. La riforma delle autorità di protezione è una priorità e risponde a un interesse generale. Cantone, Comuni e partiti si assumano quindi le proprie responsabilità al cospetto della popolazione: serve uno sforzo congiunto per uscire da questa impasse.