La rituale gita del Consiglio federale fa dimenticare le dissonanze in seno all’Esecutivo emerse a più riprese negli ultimi tempi
In Svizzera il governo non viene mandato a casa, non si va a elezioni anticipate. Lo scontro politico può essere anche duro, le animosità personali profonde. Ma il Consiglio federale resta lì al suo posto: condannato a governare, nonostante tutto. Attuare i principi della collegialità e della concordanza è un compito arduo. Improbo, se non ci fossero delle valvole di sfogo.
Una di queste è la passeggiata scolastica del Consiglio federale: un rito annuale che – spiega Michael Brupbacher in una tesi dedicata al tema – è una sorta di "lubrificante" nell’ingranaggio politico della Svizzera, uno strumento grazie al quale "le relazioni tra gli attori politici vengono curate e i conflitti propri dell’attività politica quotidiana sdrammatizzati e relativizzati". In questo senso, la tradizionale gita di inizio estate (svoltasi quest’anno nel Canton Sciaffusa e in Ticino) è destinata soprattutto a rafforzare la coesione della compagine governativa. Non solo: sancisce anche regolarmente il legame ‘alla pari’ tra il Consiglio federale, i cantoni e le autorità locali; ed è un momento unico di contatto tra l’Esecutivo in corpore e la popolazione, nel quale la democrazia diretta – tra un aperitivo, un selfie e qualche battuta scambiata con quei consiglieri federali così uguali a noi – viene per così dire messa in scena e celebrata.
Prendiamo ad esempio le fotografie scattate giovedì sul Reno, vicino alle famose cascate. Ueli Maurer e Viola Amherd, su due diverse barche, ridono di gusto e allungano la mano l’uno verso l’altra, quasi a volersi sorreggere per evitare di perdere l’equilibrio e finire in acqua; in un’altra fotografia ci sono sempre loro, la ministra della Difesa e quello delle Finanze: parlano seri, ma hanno un’aria serena. Uno guarda questi scatti e per un attimo si dimentica che i due di recente non si sono risparmiati frecciate sui media. Soltanto mercoledì, in conferenza stampa, Maurer ha messo in dubbio la capacità dell’esercito di presentare a corto termine progetti d’acquisto in grado di ‘assorbire’ l’aumento del budget voluto dal Parlamento. L’ultimo capitolo di una polemica che va avanti da mesi. "Un duello a distanza non collegiale", lo ha definito la ‘Nzz’.
Rivalità personali, indiscrezioni puntuali, divergenze di vedute esposte ai quattro venti, incursioni mediatiche più o meno unilaterali e ormai diventate "strumento di potere" (sempre la ‘Nzz’): non sono certo una novità per il Consiglio federale. Le abbiamo viste anche in passato. Ma la pandemia – e ora la guerra in Ucraina – le hanno esacerbate, mettendo a dura prova la collegialità, forse come non mai. Basti pensare a come Ueli Maurer ha rimesso in discussione pubblicamente la strategia governativa sulla gestione della crisi del coronavirus; oppure all’inopportuna apparizione del presidente della Confederazione Ignazio Cassis e della collega Simonetta Sommaruga alla manifestazione pro-Ucraina in marzo, in una gremita Piazza federale. Per Gerhard Pfister, "il Consiglio federale non funziona bene". Il presidente dell’Alleanza del Centro si aspetta che "i consiglieri federali smettano di pensare troppo spesso a come profilarsi" (‘Nzz am Sonntag’, 15 maggio 2022). "Appena arrivano delle crisi, c’è un problema", ha detto lo storico Urs Altermatt, uno dei migliori conoscitori dell’istituzione (‘Nzz am Sonntag’, 2 gennaio 2022).
Guerra in Ucraina, inflazione, penuria di elettricità, forse una nuova ondata pandemica: le crisi si moltiplicano e si accavallano; e le elezioni dell’autunno 2023 si avvicinano a grandi passi. Non sarà una passeggiata (scolastica) per il Consiglio federale.