Siamo disposti a tutto pur di confermare le nostre tesi, perfino di accompagnarci a Erdogan che impallina i nuovi ingressi Nato per proprio tornaconto
Afflitti da uno dei mali di questo inizio di secolo, ovvero circondarci esclusivamente di persone che ci danno ragione (gli specialisti lo chiamano "bias di conferma"), pur di vedere confermata una nostra convinzione siamo disposti a tutto, perfino imbarcare personaggi improponibili come Erdogan.
Nelle acrobazie, sempre più contorte, di quel pacifismo che darebbe in pasto a Putin ucraini, polacchi, finlandesi, svedesi, vegani, juventini e, perché no, pure il vicino di casa pur di salvare la pelle e gli ideali, da ieri – tra un professor Orsini e un Moni Ovadia – occupa un posto speciale perfino il presidente turco, definito da più osservatori col paraocchi (una folta pattuglia che va dagli accademici con cattedra e posto fisso in tv ai laureati all’università della vita con postazione fissa sui social) "l’unico che ci ha capito qualcosa" dopo essersi schierato apertamente contro l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato.
La premier finlandese Sanna Marin (Keystone)
La tesi grossolana, talmente grossolana da fare acqua da tutte le parti, di chi non vuole l’allargamento della Nato perché suona come una provocazione nei confronti di Putin si commenta da sé: la Finlandia, Paese confinante con la Russia e già invaso dai sovietici, è sempre stata consapevole di avere un vicino pericoloso. Quanto pericoloso lo stabiliscono i fatti, e i fatti sono sotto gli occhi di tutti dall’invasione dell’Ucraina in poi (a questi si aggiungerebbero le parole, con minacce di guerra nucleare a cadenza settimanale).
Non a caso, nel febbraio scorso appena il 20 per cento dei finlandesi avrebbe messo da parte la propria storica neutralità (che ha perfino un nome tutto suo, "finlandizzazione", non tanto una scelta, quanto l’unico modo, fino a oggi almeno, per vivere tranquilli accanto a un vicino troppo ingombrante) per entrare nella Nato, oggi quella percentuale ha superato il 70 per cento. Essere letteralmente a un passo da questa Russia aggressiva, manesca e bugiarda non può non spaventare popoli e governi, a tal punto che la Svezia, che si trova un bel po’ di passi più in là, sta compiendo le stesse scelte di Helsinki.
Che due governi cauti, socialdemocratici e sostanzialmente (oltre che storicamente) pacifisti siano così gonzi da cadere in un fantomatico tranello atlantico-americano, diventando il detonatore inconsapevole della Terza guerra mondiale, sembra perlomeno improbabile. Eppure c’è chi va a lezione da Erdogan, senza conoscere bene Erdogan e – per di più – senza ascoltare la lezione. L’attuale presidente turco ne ha fatte talmente tante che stilare una lista completa porterebbe via troppo tempo e troppo spazio: tanto per capirsi, oggi è presidente turco, dopo essere stato premier. Da quattro anni il premier nemmeno esiste, tanto fa tutto lui. Chi l’ha deciso? Lui.
Erdogan con Vladimir Putin (Keystone)
Nel curriculum di Erdogan c’è un finto golpe inscenato per mettere a tacere gli ultimi contestatori del suo regime, il mancato riconoscimento del genocidio armeno, la persecuzione dei curdi in patria e anche oltreconfine (come in Siria, dove Ankara ha organizzato una guerra parallela approfittando del caos tra pro e anti-Assad), il ritorno a leggi di stampo religioso, un controllo padronale delle rotte migratorie con cui riesce ad affamare i profughi, usati come arma di ricatto verso l’Europa…
Va inoltre ricordato che la Turchia è entrata nella Nato nel 1952 (quando serviva un argine all’Urss): parliamo di un altro Paese rispetto a oggi, che faceva passi in avanti verso una democrazia compiuta, prima che Erdogan riavvolgesse il nastro della storia. La presenza di Ankara nell’Alleanza è anche macchiata da diversi episodi controversi, a cominciare dall’invasione di Cipro.
Erdogan, neopaladino dei no-Nato, ha sì detto che non vuole Finlandia e Svezia nell’Alleanza Atlantica, ma ha detto anche perché. Molti – evidentemente – erano già distratti dal prossimo complotto o da qualche video di gattini: Helsinki e Stoccolma starebbero proteggendo quelli che Erdogan definisce "terroristi" del Pkk, il movimento curdo che si batte contro il potere di Ankara. Insomma, altro vizio del XXI secolo, si legge la prima riga e si continua a scrivere da sé quel che torna più comodo, senza leggere il resto.
Una protesta contro Ankara della comunità curda a Parigi (Keystone)
A Erdogan non interessa davvero cosa può accadere domani al confine tra Russia e Finlandia, almeno non quanto possa succedere oggi nel suo giardino di casa, se non direttamente in casa. Così prova a condizionare scelte che ci riguardano tutti, badando solo al proprio tornaconto. Pur di ottenere ciò che vuole andrebbe a braccetto con chiunque, anche col diavolo, un po’ come tutti noi in questa guerra sfiancante perfino dal divano, in cui da una parte si trova uno strapuntino per Erdogan e dall’altra si è disposti a fare spazio al Battaglione Azov e all’operazione-candeggina di una certa stampa che li ha ripuliti e riciclati come filosofi e lettori di poesie che solo per pura coincidenza portano simboli che rimandano al nazismo. Disposti a tutto, in compagnia di chiunque, pur di avere ragione.