Per il Consiglio federale è giunta l’ora di tracciare la via verso la normalità. Gradualmente o in un colpo solo, quella è la questione
Tutte le strade portano alla normalità. Gradualmente o in un colpo solo, quella è la questione. A indicare la via è stato ieri il Consiglio federale, che con piglio deciso ha annunciato una serie di allentamenti immediati (niente più quarantene per i contatti stretti, niente più telelavoro obbligatorio), e contemporaneamente ha messo in consultazione un ambizioso pacchetto che, di fatto, abolirebbe tutte le restrizioni attualmente in vigore: fine dell’utilizzo del certificato Covid; revoca dell’obbligo della mascherina sui trasporti pubblici e in tutti i luoghi chiusi; nessuna limitazione per gli incontri privati. Le decisioni adottate a Berna hanno d’altronde avuto un effetto immediato in Ticino. Preso atto della fine delle quarantene decisa dalla Confederazione, il Consiglio di Stato ha revocato l’obbligo della mascherina alle scuole elementari già da lunedì prossimo.
A livello federale sono due le varianti contemplate nella consultazione: le restrizioni potrebbero scomparire in blocco, oppure a tappe. Ora i Cantoni potranno dire la loro entro il 9 febbraio. Una settimana dopo sarà il Consiglio federale a prendere una decisione definitiva. “Il 16 febbraio – ha osservato il presidente della Confederazione Ignazio Cassis – potremo decidere quali saranno le prossime tappe del nostro viaggio”. Un viaggio, quello pandemico, che sembra finalmente diventato di andata e ritorno.
Attenzione, però, a credere che sia tutto finito. “La pandemia non è superata”, ha detto dal canto suo il consigliere federale Alain Berset. Ciò che ora diventa possibile è prevedere un’uscita dalla fase acuta della crisi. Il ministro della Sanità ha spiegato che “tracciare la via che ci riporterà alla normalità non implica soltanto una decisione, bensì la definizione di un processo”.
In questo senso l’idea dell’abbandono in blocco di tutte le restrizioni può destare una certa preoccupazione. Colpisce in particolare l’idea di fare a meno, fra un paio di settimane, di uno dei simboli della lotta contro il coronavirus: la mascherina. Forse perché dopo due anni di pandemia siamo talmente abituati a salire sul treno col volto coperto, che pensare di viaggiare senza ci fa quasi sentire nudi. O forse, come sostiene Christian Garzoni, perché “è assolutamente prematuro togliere uno strumento efficace e che non tocca praticamente le libertà individuali”. Per il direttore sanitario della Moncucco, insomma, una sorta di liberi tutti dal punto di vista medico “è irragionevole”. Resta il fatto che ieri il Consiglio federale ha dato il via a una “nuova fase” (sempre Cassis), dopo che la task force aveva a sua volta dato, il giorno prima, un preavviso favorevole a un progressivo alleggerimento delle misure.
Che sia prudente fare un passo alla volta, per non ritrovarsi poi costretti a compiere qualche clamorosa retromarcia, risulta evidente. Ma è anche vero che definire azzardata la strategia del governo, se si tiene conto di ciò che sta avvenendo nel resto d’Europa (Danimarca, Norvegia, Regno Unito, Francia e perfino l’Italia stanno allentando la presa), appare eccessivo.
Berset lo ha ribadito più volte in questi due anni: ogni scelta comporta dei rischi, che vanno ben ponderati. Ora che, secondo gli esperti, si sta concretizzando il passaggio alla fase endemica, pensare di riuscire a convivere con il virus non sembra più essere una chimera.