Lo sviluppo di Città e agglomerato è rallentato. Lo studio di Angelo Rossi fotografa una situazione socio-economica fragile e preoccupante
«Tua figlia tornerà in Ticino dopo l’università?» «Non credo, si trova benissimo a Zurigo e credo preferisca restare lì. Del resto, io stesso le ho consigliato di non tornare subito. Oltre Gottardo ci sono più opportunità professionali e sono meglio retribuite». Questo scambio di battute fra due genitori ultracinquantenni negli ultimi anni sta diventando quasi un tormentone. Un tormentone confermato dallo studio sul Luganese dell’economista Angelo Rossi, (cfr. pagg. 14 e 15). L’istantanea di Rossi parla di un’economia che marcia sul posto ormai dal 2015, a partire dalla crisi bancaria internazionale che ha colpito la piazza finanziaria luganese, ma non è detto che il rallentamento e la stagnazione debbano continuare anche nei prossimi anni, con effetti sfavorevoli anche sul resto del cantone.
Quali sono i possibili rimedi? Secondo l’economista, basterebbe mettere in cantiere nelle infrastrutture viarie quel miliardo di franchi di investimenti definiti dalle autorità politiche da un decennio. Il consigliere nazionale Fabio Regazzi propone di sfruttare maggiormente le potenzialità dell’Ente regionale di sviluppo, ma cambiando mentalità, cominciando a ragionare a livello distrettuale, invece di continuare a coltivare solo il proprio ‘orticello’. La Città di Lugano, impegnata soprattutto a uscire dalle difficoltà finanziarie e dagli ingenti debiti, negli ultimi anni è parsa meno disponibile a collaborare e a farsi aiutare, come nel caso del Polo sportivo e degli eventi, per il quale il sostegno finanziario è stato chiesto in ritardo ai Comuni del comprensorio.
Il quadro tracciato da Rossi mette in risalto come le difficoltà economiche degli ultimi anni abbiano determinato una diminuzione significativa del saldo migratorio e demografico nel Luganese. All’origine del calo, ci sono l’invecchiamento della popolazione e le partenze dei giovani che lasciano l’agglomerato, o per formarsi e specializzarsi, o per cercare oltralpe un’occupazione che corrisponda al loro livello di formazione. L’economista mette il dito nella piaga e invoca misure che migliorino l’accesso al mercato del lavoro nel distretto ai lavoratori residenti qualificati. Misure che possono essere prese solo dal Cantone, visto che i Comuni non hanno competenze oltre la scuola dell’obbligo e non possono intervenire.
L’emigrazione dei giovani può però essere frenata, sempre secondo Rossi, anche migliorando la qualità della vita nelle zone residenziali del distretto. L’economista propone misure mirate a rovesciare le tendenze negative in atto, per far ripartire gli investimenti nel settore privato, in particolare tramite il sostegno alla creazione di nuove aziende. Gli investimenti privati devono però essere sempre sostenuti da quelli pubblici nelle infrastrutture, come gli interventi contenuti nel Programma d’agglomerato di terza generazione (Pal 3). I posti di lavoro che vengono creati dalle attività economiche nell’agglomerato, dovrebbero essere occupati da persone che risiedono nel Luganese e non da frontalieri o da pendolari provenienti dal resto del cantone, scrive Rossi. Occorre incrementare l’attrattività del Distretto, attraverso provvedimenti che facilitino l’insediamento anche a giovani famiglie. In ogni caso, le retribuzioni più basse elargite in Ticino, rispetto al resto della Svizzera, non contribuiscono a richiamare i giovani partiti oltre Gottardo per studiare, né a invertire una preoccupante tendenza al declino.