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Lugano, quando la politica finisce in macerie

Nuovo pasticcio municipale nella regia della rioccupazione dell’ex Macello. Pare non si voglia ammettere l’esistenza di realtà anti-sistema

l’ultima occupante rimasta sul tetto dell’ex Macello (Ti-Press/Samuel Golay)
31 dicembre 2021
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L’esecutivo cittadino si è spaccato di nuovo sull’autogestione. Prima le trattative affidate al vicesindaco di Lugano, che però, ai voti sulla questione, è finito in minoranza, poi le rassicurazioni, infine lo sgombero alle cinque di mattina, deciso dal sindaco, al quale la maggioranza del Municipio aveva dato la delega. Di fronte alla rioccupazione degli spazi dell’ex Macello da parte di una dozzina di autonomi, giovedì, la risposta è stata nuovamente muscolosa, ma coerente con le scelte politiche prese a maggioranza la primavera scorsa. La gestione di quanto capitato, nella giornata di giovedì fino alla mattinata di venerdì, assomiglia infatti parecchio allo sgombero e alla demolizione di un edificio dell’ex Macello messi in atto nella notte tra il 29 e il 30 maggio scorsi. Il risultato? Beh, dopo sette mesi le macerie restano in bella vista e tuttora poste sotto sequestro dalla magistratura, visto che l’inchiesta penale è ancora aperta per via del ricorso alla Corte dei reclami penali contro il decreto di abbandono del procuratore generale Andrea Pagani. Oggi, dopo che l’ultima rappresentante del Molino ha abbandonato il tetto dello stabile centrale dell’ex Macello, la questione rimane irrisolta e sotto la cenere dell’apparente immobilismo del movimento per l’autogestione, ci si è accorti che c’è tanta brace pronta a divampare da un momento all’altro.

E allora, non possiamo non mettere in evidenza l’ennesimo pasticcio di un esecutivo, la cui maggioranza pare non voglia saperne di affrontare la problematica, se non con l’uso della forza. Eppure, alla luce del fatto che gli sgomberi precedenti non hanno portato alla soluzione del problema, ci si poteva e doveva aspettare un approccio diverso. Invece no. La risposta è sempre la stessa: decine di poliziotti schierati in tenuta antisommossa, dietro ai quali è stata tentata, sì, la via del dialogo, con tanto di rassicurazioni fornite agli autonomi tipo ‘tranquilli, stanotte non succede nulla’, inviate tramite messaggino dal vicesindaco Roberto Badaracco, ma poi, ha prevalso la linea dura del sindaco Michele Foletti. Una linea quasi ‘copia incolla’ con quella della primavera scorsa, che ha, sì, ripristinato l’ordine, ma che oggi, come sette mesi fa e come nel caso dello sgombero del Maglio al Piano della Stampa oltre 19 anni fa, pare non voglia riconoscere l’esistenza di un fenomeno comune ai centri urbani di mezzo mondo. Eppure, questa realtà antagonista esiste, è formata da persone in carne e ossa. Dalle autorità cittadine e cantonali, che sono elette dal popolo e devono rappresentare tutti, nessuno escluso, ci si aspetta perlomeno l’accettazione. Invece no. Si continua, a parte un piccolo spiraglio di apertura alla mediazione avviato ieri sera poi inesorabilmente fallito, con la polizia già schierata in tenuta antisommossa lungo viale Cassarate, nel solco di una linea tracciata che non apre vie d’uscita. Una linea che assomiglia tanto al rifiuto di accettare la semplice e ‘normale’ esistenza stessa del dissenso, come se la critica, anche feroce e ‘anti-sistema’, non possa far parte della società.

Quanto emerso finora appare come un ennesimo pasticcio, simile all’incomprensione comunicativa capitata sette mesi fa tra i responsabili dello Stato maggiore in servizio nella notte tra il 29 e il 30 maggio. Le spiegazioni fornite sfidano il buon senso e resta da capire come sia potuto accadere che, invece di tetto, chi era al fronte abbia capito tutto, per via di quella planimetria inviata in tarda serata e mal interpretata da chi l’ha ricevuta. Difficile anche solo pensare che le ruspe chiamate a intervenire avrebbero potuto eliminare soltanto il tetto senza far crollare il resto dell’edificio. Comunque vada a finire, alla Corte dei reclami penali, la vicenda avrà sicuramente strascichi anche nel 2022.