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Un grande capitano e la palla innamorata

A dodici passi dalla gloria, direbbe qualcuno. Peccato, certo. Ma tanto merito alla nazionale di Xhaka e Sommer che lascia l’Euro 2020 a testa più che alta

Una squadra da abbracciare (Keystone)
3 luglio 2021
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La palla innamorata non è bastata. Perché non c’è dubbio: come nel racconto di Jorge Amado, dopo le partite del girone la palla si è innamorata di Yann Sommer. In ogni azione il pallone non vedeva l’ora di finire tra le braccia del portiere rossocrociato. Anche ai calci di rigore. Ma non è stato sufficiente, purtroppo.

Non è bastato nemmeno un Granit Xhaka che, pure squalificato, da fuori campo ha saputo indossare i panni di quel gigante di Obdulio Varela, grandissimo regista del calcio uruguaiano fautore del miracolo del Maracanà ai Mondiali del 1950. Xhaka che diventa quel grande capitano di cui la Svizzera può andare davvero fiera.

A dodici passi dalla gloria, potrebbe dire qualcuno. Peccato, certo. Ma tanto merito alla Nazionale elvetica che lascia l’Euro 2020 a testa più che alta.

Un ultimo appunto lo meritano i tifosi di questo Cantone. Ticinesi che hanno fatto capire quanto sangue scorra nelle proprie vene. Maledicendo come si deve dopo la partita con l’Italia, godendo come si deve dopo la partita con la Francia, soffrendo come si deve nella partita con la Spagna. Un bel modo di togliersi di dosso quella fastidiosa etichetta di ‘freddi’ che troppo facilmente viene appiccicata agli svizzeri. Un tifo appassionato in cui si mescolano indistintamente patrizi e immigrati, tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno imparato a voler bene a questo Paese.

Durante partite come quella di ieri non sarebbe male poter misurare l’integrazione degli stranieri con uno sfigmomanometro: i risultati potrebbero sorprenderci. Un po’ come quelli ottenuti dalla ‘Nati’ in questo Europeo.