Angelo Renzetti sta cercando una soluzione con gli investitori per quantomeno assicurarsi una collaborazione che compensi la mancanza di capitali
Tanto rumore per nulla, quindi. Il rumore fatto da chi da settimane si professa già nuovo proprietario – e come tale si comporta, sottoscrivendo contratti impegnativi – ma senza cacciare il grano che serve alla finalizzazione di un accordo che a questo punto o salta o slitta a data da stabilire. Il rumore fatto dalle parole dello stesso Renzetti che, di fronte ai tentennamenti dei suoi interlocutori e a promesse che non state mantenute, ha fatto cattivi pensieri, arrivando a dire di temere una frode.
Il rumore all’atterraggio a Milano del volo che ha portato a ridosso del confine elvetico l’allenatore Abel Carlos da Silva Braga, pure lui già nominato e messo sotto contratto – ma da chi? E a quale titolo? – salvo poi essere in attesa del permesso di lavoro che gli impedisce di entrare in Svizzera e, di fatto, di anche solo pensare di essere il tecnico dei bianconeri per la prossima stagione. Il rumore fatto dai passi di Thyago Rodrigo De Souza, che si è già mosso a Cornaredo come il padrone di casa, sciarpa bianconera al collo, con le chiavi del maniero in mano, ma senza il titolo per poterlo fare. Se non l’autorizzazione da parte di chi avrebbe forse fatto meglio a chiedergli maggiore discrezione, in attesa della ratifica degli accordi presi. Chiamasi profilo basso, per lo più apprezzato.
Tanto, troppo rumore, per nulla. Per arrivare al punto in cui Angelo Renzetti si ritrova praticamente daccapo, costretto a restare in sella nonostante pensasse di essersi sganciato, poiché la mancata concessione della mini licenza da parte della Lega costringerà lui a proseguire con la licenza attuale, quella sulla quale ci sono le sue firme e, soprattutto, le sue garanzie bancarie. Un’eventualità che potrebbe anche fare la gioia dei tifosi bianconeri e degli appassionati di calcio in generale, che subodoravano da giorni la mal parata, e che in Renzetti vedono – a giusta ragione – un dirigente serissimo e attaccato ai colori, che da dieci anni fa salti mortali e pure qualche miracolo per tenere in movimento il carrozzone, pressoché da solo. Bene, ma non va dimenticato che se Renzetti ha ceduto alle lusinghe di imprenditori dai quali oggi può a giusto titolo sentirsi “tradito”, è perché è al limite, sul piano delle risorse e, probabilmente, anche delle energie psicofisiche. Tocca ancora a lui, quindi in queste ore si sta adoperando per cercare una collaborazione con chi gli ha promesso investimenti (quindi soldi) per quantomeno ricavarne un vantaggio per il suo Lugano.
Così facendo, però, si rinvia l’inevitabile, una cessione che è nei suoi piani e che per il momento rientra solo perché i suoi interlocutori non si sono dimostrati all’altezza di quanto hanno promesso.
Quanto corretto sia instaurare una collaborazione con chi non ha nemmeno iniziato e già ha pasticciato e lasciato a desiderare, lo dirà il tempo. Renzetti vuole trarre il massimo da una relazione che potrebbe proseguire, ma con presupposti diversi da quelli contenuti nei piani originali. L’azionista di maggioranza è ancora lui. Dal suo punto di vista, tanto vale trarre il massimo da questa vicenda e vedere se c’è il modo di trovare un terreno d’intesa che faccia l’interesse della società che continua a dirigere. Legittimo, anche se vi è il rischio di trascinare nel tempo una situazione che, per come è iniziata e per come si è sviluppata, pare già compromessa.