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Tony Judt, OpenLux e la cassaforte delle ingiustizie

Un’inchiesta giornalistica racconta di come il Lussemburgo sia la capitale dell’elusione fiscale: una scappatoia che mette a rischio lo stato sociale di intere nazioni

(Depositphotos)
22 febbraio 2021
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“Guasto è il mondo”, intitolava il grande storico britannico Tony Judt una sua serie di riflessioni sulla cancrena delle disuguaglianze. L’inchiesta condotta da un consorzio di testate internazionali capeggiata dai quotidiani Le Monde e Süddeutsche Zeitung rivela, dopo altre analoghe indagini degli ultimi anni, quanto, seppur in regime di legalità, la libera concorrenza fiscale stia minando la solidità dei diversi Stati e, in ultima analisi, la vita dei suoi abitanti. Il Welfare, grande conquista di un mondo che da fronti diversi e pur contrapposti, cristiano, marxista, social-liberale, sindacale, si voleva più giusto, è oggi minato nelle sua fondamenta da quello che eufemismi e neologismi vari hanno battezzato “ottimizzazione” o “elusione” fiscale: attenti!, ci ricordano i neo esegeti della finanza pulita, da non confondere con “frode” o “evasione”.

Sì, vero, non sono la stessa cosa. Però l’effetto sulle casse dello Stato è analogo. Meno soldi per l’erario, meno finanze, meno socialità, meno scuole, sanità, trasporti. Più povertà. L‘inchiesta OpenLux mette dunque il dito nella piaga della massiccia fuga legale di ricchezza verso il Granducato del Lussemburgo, micro Stato (più piccolo del Canton Ticino) e gigantesca cassaforte, forziere che trasuda miliardi depositati da società offshore, fondi di investimento, fondazioni. Amazon, Kering, Kfc, ma anche società fantasma senza uffici e dipendenti, create ad hoc e di cui l’inchiesta rintraccia i titolari. Troviamo i vigneti francesi di Angelina Jolie e Brad Pitt, châlet, elicotteri, yacht di 266 miliardari, incappiamo in Tiger Woods o senza sorpresa troviamo il nome del principe ereditario saudita.

Molte società rimangono al momento senza titolari (il lavoro da certosini dei giornalisti ne ha comunque identificati 65mila, tra cui i due terzi delle famiglie francesi più ricche): c’è tutto un mondo che rimane opaco, si adombra il sospetto più che legittimo che lì siano confluiti anche i soldi della mafia russa o di quella italiana.  140mila società, una ogni quattro abitanti del Granducato. Centinaia di miliardi sottratti agli Stati e indirettamente ai cittadini.

Paolo Bernasconi, avvocato da anni in trincea nella battaglia per la trasparenza, ha ricordato (Moby Dick, Rete Due) che negli ultimi dieci anni, con lo scambio automatico di informazioni sulle persone fisiche, si sono fatti notevoli passi avanti. Caduto il segreto bancario, è finita l’epoca del riciclaggio di soldi sporchi (sul quale hanno lucrato molte banche elvetiche). Ma oggi è l’ottimizzazione fiscale a minare il benessere e il bene comune: Stellantis, il colosso che riunisce 14 case automobilistiche (da Fiat a Peugeot, Citroen, Jeep, Abarth, Dodge ecc.) – ricorda lo stesso Bernasconi – è multinazionale di diritto… olandese, registrata dunque in un paese dove non produce nulla.

“La fiducia, la cooperazione, la tassazione progressiva e lo Stato interventista dopo il 1945” – scriveva Tony Judt – “hanno creato sicurezza, prosperità, servizi sociali”. La giungla della finanziarizzazione a partire dagli anni Reagan-Thatcher, con il loro mantra liberista, ci ha riportato a forme brutali di ipercapitalismo. La pandemia e la necessità di farvi fronte economicamente e socialmente dovrebbero ricordarci quanto, al di là delle discettazioni tra elusione legale ed evasione illegale, un’equa fiscalità globale sia la premessa imprescindibile al benessere comune.