Il diritto alla salute è determinato dal dio mercato: i medicinali vitali hanno costi insostenibili
Un medicinale per un trattamento anticancro può tirartene fuori. O non toglierti il diritto di continuare a sperare. Ha un costo incredibile: supera i trecentomila franchi. Se sei straricco e possidente, puoi farcela. Se sei semplice salariato, pensionato, non possidente, deciderà per te il dio mercato. Un caso estremo, si dirà. Cambieranno i parametri, ma la costante rimane: medicinali vitali dai costi insostenibili. Giustificati con le elevate spese per la ricerca. Dimenticando però sempre che gli alti e spesso stratosferici profitti raggiunti dalle case farmaceutiche e i corposi dividendi aggiunti a dirigenti e famiglie e distribuiti agli azionisti sono già il risultato di un computo di costi e di una cifra d’affari che tengono conto delle spese nella ricerca.
L’ultimo bollettino dell’associazione delle industrie farmaceutiche, Interpharma, ammette due felici condizioni essenziali.
La prima: stabilità politica e certezza giuridica sono i due grandi punti forti della piazza economica svizzera. Gli investimenti nella ricerca e sviluppo richiedono un alto livello di sicurezza sia in materia di pianificazione sia in stabilità giuridica. La Svizzera (tutti noi) li offre, dando un quadro ideale. La seconda: la Svizzera si è data un ‘contesto fiscale attrattivo’, che le permette di affermarsi nel mondo.
Gli ultimi dati sulle esportazioni del settore lo confermano. Forse è bene ricordare che con l’ultima riforma fiscale ‘l’utile netto da brevetti e diritti analoghi è considerato nel rapporto tra spese di ricerca e sviluppo ammesse e le spese di ricerca e sviluppo complessivo per ogni brevetto o diritto analogo… con una riduzione del 90 per cento nel calcolo dell’utile netto imponibile’ (art. 24b).
I Cantoni possono ponderare maggiormente le relative spese: ‘È ammessa una deduzione massima di una volta e mezza l’importo delle spese’. Una generosità quasi incommensurabile. Poniamoci due interrogativi:
1) La particolare situazione favorevole creata dalla Svizzera alle industrie farmaceutiche non implicherebbe, già di per sé, una loro maggiore responsabilità etica e civile (non diciamo riconoscenza) nei confronti della comunità in cui operano, considerato oltretutto che è una responsabilità che investe un bene comune come la salute dei cittadini? Preoccupandosi più del costo delle medicine, della loro sostenibilità medica, etica e umana, e molto meno dei profitti realizzabili con i brevetti o dei dividendi da distribuire a dirigenti, famiglie proprietarie, azionisti?
2) Se per l’industria farmaceutica, indubbiamente importante per l’economia del Paese, si creano politicamente e fiscalmente condizioni ideali e ponti d’oro per mantenerne la ‘vitalità’, non sarebbe almeno altrettanto importante pretendere da loro, umanamente, eticamente e non solo economicamente, conti più trasparenti e meno subdoli, rinunce più mirate ai brevetti, deduzioni di profitti e dividendi, quelli sì insostenibili, dando priorità agli umani-cittadini e non a finanzieri?
I privilegi concessi – questo dovrebbe saperlo chi ci governa, ma cincischia – implicano una contropartita nei confronti del benessere della società. Soprattutto le imprese farmaceutiche sono il riflesso di un contratto sociale soggiacente ed è appunto la società, con il suo governo, che dovrebbe definire i termini di quel contratto, che non può essere solo di profitto economico.