L'idea che il legame fra attività umane e surriscaldamento sia controversa è usata solo per avvelenare i pozzi e fomentare polemiche
“La scienza e la presunta unanimità”, leggo fra i titoli di un giornale locale. E pochi giorni dopo: “Il 66,4% degli scienziati del clima non esprime una posizione” sull’origine umana del surriscaldamento globale. Segue accorato sermoncino sul doveroso pluralismo della stampa, sugli “opposti estremismi climatici”, e su dove andrà a finire di questo passo il sereno dibattito della ”società liberaldemocratica”. Infine – tocco di classe – c’è la bibliografia scientifica per darsi un tono: John Cook et al., 2013 e 2016. A leggere solo cose così, verrebbe da pensare che la relazione fra questa fase di surriscaldamento e le attività umane – la cosiddetta ‘teoria antropogenica’ – sia un argomento parecchio controverso.
Ma allora prendiamolo in mano, questo Cook, tanto son poche pagine: una breve sintesi di tutte le stime sul consenso scientifico alla teoria antropogenica, ottenute passando in rassegna migliaia di ricerche. L’incipit suona un po’ diversamente da come ci si aspetterebbe: “Il consenso sul fatto che gli uomini stiano causando l’attuale global warming è condiviso dal 90-100% dei climatologi che pubblicano ricerche, secondo sei studi indipendenti” dei co-autori.
Il 66,4% non si esprime? Sì, ma semplicemente perché gli scienziati non amano ripetere l’ovvio su teorie acclarate: non è che se sei astrofisico riscrivi ogni volta “Ah, comunque Galileo aveva ragione!”. Dunque “equiparare gli studi che non prendono posizione a un rifiuto o a incertezza” è “incoerente” (Oreskes 2007, Shwed and Bearman 2010); usando lo stesso metodo si rifiuterebbe “anche la tettonica a placche, ampiamente accettata” (Powell, 2015). Le percentuali di consenso cambiano solo se si prendono le opinioni di tutti gli scienziati, anche quelli che non si occupano di clima (e anche dalle nostre parti lo si è visto, qualche geriatra climapiattista); comunque bisogna arrivare a discipline distantissime dal tema per vedere il consenso calare sensibilmente (Cook 20… vabbè, ci siamo capiti). Insomma, “il livello di consenso scientifico è schiacciante (overwhelmingly high) perché le prove che lo supportano sono estremamente solide (overwhelmingly strong)”.
In compenso, “la disinformazione sui cambiamenti climatici riduce l’‘alfabetizzazione’ in materia climatica”, e “fabbricare dubbi sul consenso scientifico circa il cambiamento climatico è uno dei modi più efficaci per ridurre l’accettazione” del dato di fatto e “il supporto per politiche di contrasto. Per questo, non è una sorpresa che l’argomento più comune utilizzato negli editoriali ‘da bastian contrario’ (contrarian) sul clima fra 2007 e 2010 fosse che non c’è unanimità scientifica sul surriscaldamento climatico causato dall’uomo”.
Bastava solo leggere meglio. Ora che ci siamo chiariti, potremmo passare – finalmente – a discutere il da farsi?