Il consigliere di Stato ginevrino stasera davanti ai delegati del suo partito. La questione etico-politica torna in primo piano.
La ‘base’ del Plr ginevrino rinnoverà stasera la fiducia a Pierre Maudet – sconfessando così i vertici della sezione e del partito svizzero, che invece vorrebbero toglierselo dai piedi – oppure chiederà al ‘suo’ consigliere di Stato di dimettersi? Politicamente, siamo vicini alla resa dei conti per l’ex enfant prodige del Plr, già candidato al Consiglio federale, brillantemente rieletto al primo turno in governo lo scorso aprile ma da allora – a seguito delle successive rivelazioni sul viaggio compiuto nel novembre 2015 ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (vedi a pagina 2) – divenuto vieppiù ingombrante per il partito. La tensione è alle stelle, pochi se la sentono di scommettere sull’esito di un’attesa assemblea straordinaria, voluta dai sostenitori del ministro nel frattempo dimezzato e più aperta che mai. La sezione è scissa in due campi – pro e contro Maudet – e “rischia l’implosione” (‘Tribune de Genève’) a pochi mesi dalle ‘federali’.
Il nostro non sembra curarsene più di tanto. «La sola cosa che conta per me è la base», aveva detto a fine novembre a Berna, dov’era stato convocato dai vertici del Plr svizzero. Maudet ha ammesso di aver ripetutamente mentito ai ginevrini, alla giustizia e ai colleghi di governo, in particolare circa la natura e i finanziamenti del viaggio ad Abu Dhabi. E il Ministero pubblico, che da mesi indaga su di lui, la scorsa settimana ha trasmesso al Consiglio di Stato un estratto di un verbale nel quale lui ammette di aver avuto un’attitudine totalmente indegna della sua funzione. Ma l’ex astro nascente del Plr ha già fatto sapere che resterà in sella anche se i delegati lo sconfesseranno. Stasera si tratta soltanto di tastare loro il polso, di “prendere la temperatura”. Unicamente una condanna – non astratte considerazioni di stampo etico, né un’inchiesta che va per le lunghe e neanche un rinvio a giudizio – lo spingerà a rassegnare le dimissioni. “Anche adesso vuole semplicemente salvare se stesso. Il suo partito o le istituzioni non gli importano”, ha dichiarato in forma anonima un collega di partito in un articolo apparso negli scorsi giorni sulla ‘Wochenzeitung’.
La giustizia deve fare il suo corso, ci mancherebbe. Ma persistere nel trincerarsi dietro la pur sacrosanta presunzione d’innocenza non dovrebbe servirgli a granché. Non si capisce infatti con quale credibilità Maudet possa ancora pretendere di confinare la vicenda entro steccati – quelli giudiziari – che ormai sono stati oltrepassati da un pezzo. Già oggi la questione etico-politica – il fatto di aver più volte mentito e l’opportunità di restare in carica nonostante questo – si riproporrà con vigore nel confronto tra il ministro e la sua base. Un voto di fiducia da parte di una maggioranza dei delegati non la sopprimerà per incanto. Come non la sopprimerà nemmeno un’eventuale sentenza che lo scagioni dalle accuse di aver accettato vantaggi in relazione al famoso viaggio.
A Ginevra, indipendentemente dall’esito della procedura penale in corso, c’è “un’atmosfera da fine regno”, ha scritto ieri ‘Le Temps’. Ma non è detto. La sezione cantonale del Plr potrà anche decidere, prima o poi (e magari su ‘invito’ della conferenza dei presidenti cantonali del partito), di espellere Maudet. Ma sarà sempre il testardo ministro a decidere se e quando abdicare da consigliere di Stato. Un Maudet orfano della sua famiglia politica potrà anche fondare un partito. E confidare che la sua nuova ‘base’ lo sostenga alle prossime elezioni cantonali, nel 2023. Un meccanismo di destituzione dei magistrati in carica, come quello introdotto di recente a Neuchâtel ma assente nel Canton Ginevra, non lo impedirebbe, ma avrebbe potuto fungere da deterrente. Forse.