Quando c’è di mezzo l’aria che si respira (ogni giorno) vi è (almeno) una parte del Mendrisiotto che ne fa una questione personale. Quindi, quando ha iniziato a circolare la notizia che il Rally Ronde del Ticino sarebbe tornato sulle strade del distretto, si sono rispolverati gli striscioni. Subito, a chi vive nel lembo meridionale del cantone, è venuto naturale ritrovarsi da una parte o dall’altra della barricata: tra chi è pro o chi è contro. Le autorità comunali di Balerna e Novazzano – toccate dal tracciato – staccavano un preavviso favorevole all’arrivo della manifestazione? In tutta risposta mani ignote tappezzavano la regione con messaggi inequivocabili: ‘No, grazie’.
Poi i fautori ne hanno fatto una questione di... quantità: si tratta poi solo di una sera – 3,7 chilometri – e nulla più: insomma, una toccata e fuga, si è motivato. Ma la domanda che incombe è: il Mendrisiotto (e non solo) se lo può permettere? Per l’autorità cantonale (al seguito quelle comunali) sì: un’eccezione è possibile. Uno strappo alla regola che è andato, però, letteralmente di traverso ai contrari. Quanto basta per far presagire e (ieri) far imbucare un ricorso, direttamente al Tribunale amministrativo cantonale. L’intento? Fermare il rally. Una richiesta che, stavolta, non porta la firma ‘solo’ degli ambientalisti. Tra chi si oppone vi sono, infatti, cittadini del Mendrisiotto e del Luganese (141 in tutto). E il primo a metterci la faccia è il professor Giorgio Noseda, dunque un medico, anzi un cardiologo già presidente della Lega svizzera contro il cancro. Certo, si dirà, si sa da che parte sta. Vero, non lo ha mai nascosto. Ciò non toglie che la sua mobilitazione fa per lo meno pensare. In effetti, Noseda si era già esposto, proprio da queste colonne, l’8 maggio scorso, e con argomenti di peso. Per il medico il verdetto è chiaro: dare via libera alla manifestazione automobilistica significa aggravare l’inquinamento atmosferico che incombe, in particolare, sulla zona di Chiasso (dove avrà luogo la prova). È difficile, d’altro canto, ignorare il fatto che proprio a Chiasso nel 2016 – Rapporto sulla qualità dell’aria alla mano – si sia superato per 62 volte il limite giornaliero (di 50 microgrammi per metro cubo) di polveri fini. Una soglia che l’Ordinanza federale sull’inquinamento atmosferico prescrive di oltrepassare una sola volta in una annata. Noseda non ha dubbi: siamo nell’illegalità.
Del resto, anche il via libera al rally ha saltato a piè pari le regole ancorate al Pra, il Piano di risanamento dell’aria. Documento che, dopo il 15 giugno, mette al bando “qualsiasi manifestazione motoristica”. Tant’è che i ricorrenti non esitano a parlare di violazione. Ma, si sa, per ogni regola ci può essere, appunto, un’eccezione.
E così è stato anche in questo caso. Il governo cantonale ha staccato un’autorizzazione in via straordinaria. E in molti questa scelta non ha fatto di sicuro una bella impressione. Che ne è del pugno di ferro per combattere lo smog? Delle misure puntuali varate dal Dipartimento del territorio? Degli appelli a preferire i mezzi pubblici all’auto per abbattere i valori delle sostanze inquinanti? Tutti provvedimenti decisi e accolti con favore da chi, da anni, è in prima linea su questo fronte. Ci si sperava e ci si spera. A maggior ragione quando, esplosa l’estate, i grafici dell’ozono a sud tornano a svettare verso i 200 microgrammi per metro cubo. Ecco perché ci si sarebbe aspettato che il Cantone mantenesse la barra dritta sulla qualità dell’aria. Anche davanti al rally di una sera. Su certe questioni non si possono fare eccezioni.