Al di là della percezione che ciascuno di noi ha del livello di sicurezza della comunità in cui vive, sono le statistiche che fanno testo. I dati raccolti dalle forze di polizia di uno stato democratico, come è il nostro, prescindono da valutazioni ideologiche: registrano quella che è la realtà, indicando anche le tendenze, che servono poi a orientare o a riorientare, sul piano tecnico-politico, l’azione di contrasto alla criminalità. E le statistiche dicono che in Ticino il numero dei reati contro il patrimonio regredisce ancora. Continuano a diminuire i furti con scasso. In tutte le regioni. Sono diminuiti soprattutto nelle abitazioni, ritenute baluardi (gli ultimi?) della privacy: tra il 2013 e lo scorso anno il calo è stato di ben il 60 per cento, ha indicato ieri il comandante della Cantonale Matteo Cocchi. Una percentuale che può non consolare chi ha avuto l’appartamento svaligiato, perché un conto è leggere e commentare le cifre, un altro è subire la visita di uno o più ladri. Ma il trend per quel che attiene ai furti, considerati fra i reati ansiogeni, ovvero gli illeciti che provocano nella popolazione paura e allarme, è chiaro: le ‘mani leste’ sono meno leste di un passato neanche tanto lontano.
A ciò hanno contribuito più fattori. Se ci limitiamo alla prevenzione e alla repressione, un importante ruolo lo ha giocato, e lo gioca, la collaborazione tra le varie forze dell’ordine: Polizia cantonale, Polizie comunali, Polizia dei trasporti, Guardie di confine e Polizia giudiziaria federale. Non meno decisiva è stata, ed è, la cooperazione internazionale. Fondamentale, però, si è rivelato pure l’adeguamento degli organici della Cantonale ai nuovi compiti e alle nuove sfide nel campo della sicurezza. Potrebbero rendersi necessari/opportuni ulteriori potenziamenti, o “adeguamenti” per usare il termine impiegato da chi, in sede politica, sollecita rinforzi nell’Amministrazione. Rinforzi, nel caso della Polcantonale, da destinare magari non solo alla Gendarmeria, attiva principalmente sul terreno, ma anche alla Giudiziaria, il reparto investigativo. Oggi tuttavia la parola ‘adeguamenti’ non suscita grande entusiasmo, soprattutto in Gran Consiglio, dove anzi si invocano risparmi. «Tagliare significherebbe mandare in default la Polizia cantonale», ha avvertito il titolare del Dipartimento istituzioni in occasione della presentazione della statistica sulla criminalità in Ticino lo scorso anno. Più eloquente di così non poteva essere Norman Gobbi. Come lui però la pensano anche i rappresentanti del suo movimento, la Lega, che siedono in parlamento e che fanno parte di quella maggioranza che invoca (ancora) manovre di rientro? Sicurezza, giustizia, educazione, sanità: tutti ambiti che dovrebbero essere di competenza preminente dell’ente pubblico. A meno di delegare sempre più compiti, compiti delicati, ai privati. Eppure il dossier Argo 1 dovrebbe insegnare qualcosa...
Il bilancio d’attività 2016 della Polizia cantonale appena reso noto segnala altro, oltre alla riduzione dei reati contro il patrimonio. Rispetto al 2015, vi è stato un consistente aumento degli interventi per presunta violenza domestica: un centinaio in più. Il fenomeno purtroppo non accenna a diminuire. È che per arginarlo la sola repressione non basta. Va affrontato anche in un’ottica culturale. Va affrontato dalla polizia insieme con altri servizi pubblici. Risorse umane permettendo.