I casi che toccano la sfera sessuale in Ticino sono quasi raddoppiati: la testimonianza di chi le ha vissute, sulla pelle e nell’animo
Chiara tre anni fa ha perso il marito per quello che si dice, ancora, un ‘brutto male’. Una ferita che resta aperta e che la obbliga quotidianamente a lottare contro il dolore della perdita di un caro e la vita che non ammette debolezze, fra fatture da pagare e figli da crescere. Ogni giorno esce da casa alle 7 per rientrarvi nel tardo pomeriggio, dopo un’intera giornata passata a far quadrare l’amministrazione di un’azienda. Per questo capita spesso che concentri impegni extraprofessionali e commissioni in serata, quando il tempo e la trasferta dall’ufficio glielo permette.
«Dopo la morte di Alberto (i nomi sono di fantasia, Ndr) far quadrare la mia agenda e quella della mia famiglia non è per niente facile. Mi sento sola, indifesa, isolata… – ci confessa Chiara –. Per questo cerco di organizzarmi una volta rientrata nella mia abitazione, fisso appuntamenti di artigiani, incontro amici e conoscenti. C’è una cosa però che mi ferisce ulteriormente da quel terribile giorno ed è la percezione che in quanto vedova io possa essere disponibile, senza se e senza ma».
Chiara non è la sola. In Ticino, nel 2023 sono state 46 le infrazioni registrate per molestie sessuali secondo l’articolo 198 del Codice penale. Quasi il doppio del 2022, dove erano state 27.
Importunate, oggetto di attenzioni pruriginose, violate nella propria sfera intima e privata. Così come la nostra interlocutrice che quella sera pensava a tutta un’altra cosa, ovvero alle tubazioni del bagno: «Ho chiamato l’operaio per quello che era un guasto. Gli ho detto che se per lui andava bene avrei preferito essere presente per l’ispezione, ma che non potevo esserlo prima di una certa ora, poco prima di cena. Mi ha risposto che non c’erano problemi e che sarebbe venuto anche sul tardi. Arrivato, si è messo al lavoro e, una volta terminato, mi ha spiegato che doveva tornare il giorno successivo così da portare un pezzo mancante. Ho accettato senza problemi. La sera successiva si è presentato con un sacchetto. Credevo ci fosse quanto necessario per terminare il lavoro, invece a un certo punto, rientrando in cucina, trovo sul tavolo una bottiglia di vino e due bicchieri, e lui che mi prende da dietro e mi bacia sul collo».
Stupore, senso di inadeguatezza, anche paura. La prima reazione di Chiara è quella di allontanarsi e respingere con vigore le avance: “Gli ho detto di uscire subito”. Poi il silenzio delle quattro mura e il pianto: «Non ho voluto denunciare la cosa ma l’ho rivisto qualche settimana dopo in quanto era stato chiamato nel condominio per un intervento. L’ho affrontato e gli ho detto che idea gli fosse passata per la testa. Con ingenuità e superficialità, mi ha detto candidamente che ci aveva provato… avrebbe potuto andargli bene. Un pugno al cuore. Solo il fatto di dimostrarmi fragile e di non avere un uomo in casa gli aveva fatto credere che ci sarei stata! Libera uguale disponibile punto. Per me è stato un ulteriore choc».
Anche Paola, recentemente single dopo la fine di una lunga relazione, rivive quell’esperienza che le ha compromesso equilibrio e fiducia. Questa volta ad ‘allargarsi’ è un cliente di lunga data. Dal Covid lo smart working è entrato nella quotidianità e il conoscente le scrive che è nei dintorni della sua via. Paola gli dice di salire per un caffè, che le avrebbe fatto piacere: “Forse il mio carattere aperto, oppure la mia gentilezza, hanno portato a mal interpretare l’invito – ricorda quella visita – tanto è che è arrivato ad allungare le mani… non ci credevo… Come se il fatto di essere io al momento senza un compagno lo autorizzasse a prendersi certe libertà che prima, quando ero occupata, non si era mai permesso di prendere. Un comportamento peraltro che mi ha portata a domandarmi dove e se avessi sbagliato… È stato un momento di enorme sorpresa che ti porta quasi a non reagire, sei annichilita, impietrita direi».
Di storie così, i dati precedenti lo confermano, ve ne sono molte, e in sensibile aumento, senza contare, come quelle che riportiamo in questo articolo, quante non sfociano in un procedimento penale, restando in un limbo capace di minare la serenità delle vittime.
Può capitare che donne possano essere oggetto di attenzioni di uomini, vere e proprie molestie fatte di sguardi, commenti inappropriati, contatti fisici indesiderati o ricatti di natura sessuale. A confermarcelo è Cristiana Finzi, delegata del Servizio per l'aiuto alle vittime di reati (Lav): «Non tutte le situazioni sono come quelle descritte, ogni storia è unica, ma spesso la mancanza di una denuncia è favorita dal turbamento e dal disorientamento di chi rimane basito per un determinato comportamento altrui che non era stato percepito come lesivo alla propria integrità. Le molestie sessuali, restano a volte “invisibili” in quanto tali alle stesse vittime, nonostante il disagio, la sofferenza, la rabbia vissuti e sono spesso difficili da riconoscere, perché la consapevolezza della popolazione non è ancora adeguata rispetto all’impatto emotivo causato dalla molestia stessa. Le vittime, a meno di essere fortemente sostenute, difficilmente protestano o denunciano. Molto sta oggi nel fatto che la molestia continua a essere definita come un ‘reato minore’ e non un reato d’ufficio. La molestia di genere e quella sessuale sono ancora sottaciute e poco viste. In molti contesti, quindi, la donna può essere vista come oggetto sessuale disponibile».
Nella società l’apprezzamento, anche pesante e maleducato, sulla bellezza o su parti del corpo della donna, nei bar, nel linguaggio comune, lungo una strada permane, pensiamo alle battute sessiste o al catcalling: «La donna può leggere questi atteggiamenti come qualcosa che va a ledere la sua integrità psicofisica e/o sessuale o dall’altra non percepirli come tali. E pericoloso, o quantomeno scomodo, per una donna, che vuole comunque partecipare ad attività legate alla società e alla socialità, non essere vista come un soggetto in grado di autodeterminarsi».
In questo il #metoo non ha portato a un aumento delle segnalazioni? «Questo tipo di campagne di sensibilizzazione – annota la delegata – potrebbero aiutare a rendere le donne più consapevoli e informate. Molte donne ancora faticano a denunciare o a confidarsi anche con un familiare, un amico. Forse per un senso di vergogna, di colpa, perché questo tipo di reato va a toccare la propria intimità e si ha paura di non essere credute. Alcune donne finiscono per giudicare il proprio comportamento invece di quello di chi le ha molestate. Pensano, erroneamente, che se avessero agito diversamente, la molestia non sarebbe avvenuta, e per questo si sentono in colpa».
Un dato, infine, va rimarcato. Si tratta del numero di casi denunciati, come viene indicato dagli inquirenti, fra luogo privato e luogo pubblico. A prevalere, infatti, negli anni, è il secondo contesto: 19 nel 2016 (quando in totale erano stati 27, due senza indicazione), 15 nel 2017 (su 22), 22 nel 2018 (30 considerati i due senza indicazione), 19 nel 2019 (22), 14 nel 2020 (19, uno senza indicazione), 9 nel 2021 (18, uno senza indicazione), 25 nel 2022 (27), 36 nel 2023 (46, tre senza indicazione); contro i 6 (2016), 7 (2017), 6 (2018), 3 (2019), 4 (2020), 8 (2021), 2 (2022) e 7 (2023) avvenuti in ambito privato.