Non passa serata che alla tv italiana i vari conduttori, Del Debbio, Lilly Gruber, Bianca Berlinguer, per citare solo i più noti (a proposito dell’ultima nominata, non si capisce per quale arcano costei, figlia di cotanto padre comunista, sia approdata su un canale creato dal più odiato esponente della destra italiana, Silvio Berlusconi, nel quale pontifica ogni sera con ospiti liberamente da lei scelti su temi non propriamente improntati a una destra imprenditoriale e produttiva: più che l’amor (politico) poté il denaro?), i cui invitati, specie di sinistra non evochino riferimenti a fascismo e antifascismo.
Molto spesso mi chiedo il motivo di tale insistenza nel riandare di continuo al ventennio fascista, morto e sepolto ottant’anni fa. A mio modesto parere, il motivo storico è dovuto al fatto che il fascismo è nato in Italia, e almeno all’inizio era condiviso e largamente sostenuto dal popolo, il quale vedeva in Mussolini una specie di nuovo imperatore, capace di ridare all’Italia il prestigio dell’antica Roma; si vedano come emblemi il fascio littorio, il saluto romano, il passo romano cadenzato ecc. Tutte manifestazioni cariche di patos, che avevano il loro fascino ed esercitavano corale partecipazione della gente comune. Durante questo lasso di tempo è innegabile che Mussolini fece delle cose buone. Non lo dico io, bensì Giordano Bruno Guerri, noto storico e curatore del Vittoriale di Gabriele D’annunzio, il quale, di recente, in una trasmissione di Corrado Augias, ebbe a dire che “non bisogna aver timore di dire che il duce fece anche delle cose buone”. L’entrata in guerra nel 1940, ma più ancora l’abbraccio mortale con Hitler gli furono fatali. Ma anche qui siamo di fronte a una scelta opportunistica, di salire sul carro del supposto vincitore. Oggi gli italiani tendono, a ragione, a ricordare il fascismo soltanto come una iattura, una tragedia collettiva. Questo continuo rimuginare il passato adombra un senso d’incompiutezza, di generale insoddisfazione collettiva, derivante dal non aver voluto o potuto fare un processo critico approfondito al fascismo. La stessa cosa non è avvenuta con il comunismo, essendo nato in Russia, quindi lontano dalle sponde del Mediterraneo, una brutale dittatura pari, se non peggiore di quella fascista. Stalin morì nel suo letto, ma subì post mortem l’annientamento del suo culto.