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Cultura, potere e giustizia sociale

Don Milani soleva dire, gli operai conoscono 100 parole, i padroni 1’000. È per questo che i padroni sono padroni. Un concetto semplice, sembra banale ma non lo è affatto. Inchioda la società, la politica in particolare, alle proprie responsabilità alla questione dell’insegnamento e della conoscenza. Come sappiamo la scuola dell’obbligo termina a 15 anni. I più dotati possono continuare gli studi fino a 18/19 anni tramite il liceo o scuole simili. Una prima selezione con conseguenze professionali importanti. Apprendistato o studi universitari. A tale riguardo l’On. Paolo Pamini, non pago di questa “scrematura scolastica”, propone, vedi laRegione del 6 settembre scorso e cito “una riforma scolastica, affinché le nuove generazioni possano beneficiare di una istruzione rigorosa (sottinteso selettiva) anziché vittime del relativismo postmoderno”. In altre parole la futura élite, che occuperà i posti cardine della società e i meglio remunerati, dovrà sempre possedere quel vantaggio cognitivo menzionato da Don Milani. Vorrei ricordare che oggi molti apprendisti nel nostro cantone (38% dei contratti di apprendistato vengono disdetti), non riescono a ultimare la formazione professionale con conseguenze sociali disastrose. In particolare, molti diventeranno i nuovi poveri (reddito inferiore a 2’284 franchi) che attualmente in Svizzera sono quasi 800’000 con tendenza al rialzo. Penso di poter affermare che nel nostro Paese democratico non occorre solo interessarsi dei più dotati negli studi ma anche e soprattutto di chi resta indietro e non riesce a entrare nel mondo del lavoro in maniera dignitosa, ma solo come manovalanza. È un minimo di giustizia sociale, ricordando l’abisso che separa i costi, sopportati dall’ente pubblico, riguardo alla formazione di un laureando (compreso il liceo) e un operaio qualificato con attestato di capacità. Le ultime notizie segnalano molti ragazzi stressati, bisognosi di cure e anche ricoveri ospedalieri. La politica è chiamata a intervenire con proposte mirate di aiuto e sostegno, per ridurre al massimo la possibilità che tanti giovani finiscano al beneficio dell’invalidità. Insomma, il detto meglio prevenire che curare è sempre valido.

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