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La trappola della neutralità

La Svizzera è neutrale. Io sono patriota svizzero, perciò devo essere neutrale. Ma avverto che qualcosa oggi non va. Patriota sì: poco più che ventenne, in un incontro col vice capo del Dipartimento Militare addirittura proposi che ai soldati venissero insegnate le tecniche dei partigiani. Ho sempre difeso il mantenimento di un esercito di difesa svizzero all’altezza del proprio compito anche quando tanti lo volevano abolire, illusi dalla caduta del Muro di Berlino. Se vedo che uno viene attaccato ingiustamente, d’istinto intervengo anche a costo di prenderle. Mantenendomi "neutrale" sarei un vigliacco a lasciare che l’aggressore infierisca. Oggi è lo stesso con l’Ucraina, ingiustificatamente attaccata dalla Russia. Se sono Svizzero, allora sono anche neutrale. E se non sono neutrale, allora non sono nemmeno più Svizzero? Perdo la mia identità? Divento "nessuno"? No. Prima di tutto sono me stesso, quello che sono e che ho realizzato nella mia vita. E sono nato Svizzero. Lasciando da parte tutto il resto, decido: voglio difendere (oggi indirettamente) la patria Svizzera nel futuro, allora rinuncio a una parte della neutralità. Sostengo vivamente la necessità della riesportazione di armi e munizioni verso l’Ucraina, che sta difendendo di fatto l’Europa, Svizzera compresa, da un da lungo tempo meditato minaccioso avanzamento militare della Russia. Cioè la mia futura libertà. La legge va meglio adattata alla realtà, precisata e arricchita della possibilità di fare quest’eccezione. Il Cdt dell’esercito svizzero ha dichiarato l’anno scorso che, nel caso di un attacco militare, da soli sopravviveremmo per meno di un mese. Rimanendo strettamente neutrali, chi accorrerebbe in nostra difesa? Perciò non sarei nemmeno un buon patriota se insistessi sulla neutralità a tutti i costi.